L’apice della giornata
Arrivò all’ufficio di McKechnie in Rupert Street alle undici e mezza. Ne individuò l’ingresso fra una libreria pornografica con i battenti serrati e un servizio di minicab aperto ventiquattr’ore su ventiquattro; due luride targhe di plastica avvitate al muro annunciavano WORLDWIDE PRODUCTION (LONDON) INC. e MCKECHNIE IMPORTS. Salì al primo piano, aprì una porta e vide una segretaria bruttina con una gonna lunga e una grossa croce d’argento: stava leggendo una rivista. La ragazza esibì tutto il suo repertorio da scuola per segretarie d’azienda, ma dalla sua espressione si capiva che l’arrivo di Duffy era l’apice della giornata. Evidentemente in quell’ufficio ricevere un visitatore era un evento raro e affascinante quanto alle sorgenti del Limpopo vedere un uomo bianco.
– Al momento Mr McKechnie è un po’ preso, ma sento quando si libera, – disse la segretaria.
– Aveva detto alle undici e mezza, – ribatté Duffy. – E sono le undici e mezza. Se è impegnato io vado a farmi i cazzi miei.
– Oh, sono sicura che un attimino per lei lo trova, – disse lei con un sorriso, e fece squillare il telefono. – Mr McKechnie, qui alla reception c’è un certo Mr Duffy. Grazie, Mr McKechnie. Mr Duffy, entri pure, prego, è quella porta lì.
[Dan Kavanagh, Duffy, traduzione di Norman Gobetti, Torino, Einaudi 2013, pp. 41-42 ]