Cos’altro ci possono fare

domenica 8 Luglio 2012

Oggi, sabato 7 luglio, faccio due cose che hanno a che fare con il terremoto che c’è stato in Emilia il 20 e il 29 maggio di quest’anno. Alle 8 di sera, a Novi di Modena, leggo un discorso che si chiama Il paleot (è un discorso di fantascienza linguistica, cioè è un discorso nel quale si prova a immaginare come parleremo tra vent’anni, e parla anche del coro delle Mondine di Novi di Modena, con le quali ogni tanto ho lavorato e l’ultima volta che son stato a Novi, sei mesi fa, ho fatto una cosa insieme a loro in una sala comunale che dà sulla piazza principale dove c’era quel campanile che adesso è dato giù); prima, di pomeriggio, a partire dalle 15 e 55, a Ferrara, in piazza Trento e Trieste, partecipo a una maratona di lettura
per i terremotati, che comincia alle 15 e 55 e viene aperta dal sindaco di Ferrara e dove, a seguire, leggeranno, tra gli altri, Valerio Massimo Manfredi, David Riondino, Roberto Barbolini, Moni Ovadia, Giuseppe Pederiali, Vito Mancuso, Gianni Fantoni, Patrick Fogli, Domenico Starnone, Sandrone Dazieri, Loriano Macchiavelli, Wu Ming 1, Guido Barbujani e molti altri (si finisce intorno alle 23). Dovendo scegliere qualcosa da leggere, ho pensato di leggere il breve discorso che metto qua sotto, che parla di una cosa che è successa il 7 luglio di 52 anni fa, sempre in Emilia, a Reggio Emilia, cioè, brevissimamente, il fatto seguente: il 7 luglio del 1960, a Reggio Emilia, 5 operai che stavano per partecipare a uno sciopero, e non avevano fatto altro che andare in una piazza per partecipare a uno sciopero, sono stati uccisi. Quel che è successo quel giorno a Reggio Emilia, i cosiddetti fatti di Reggio Emilia, sono una vicenda importante nel dopoguerra italiano (secondo un’interpretazione storica condivisa, come si dice, i fatti di Reggio Emilia hanno permesso la politica delle cosiddette convergenze parallele – la definizione sembra sia di Aldo Moro – vale a dire i governi di centro sinistra). Io, che sono di Parma, che è vicinissima a Reggio Emilia, e sono nato pochi anni dopo, nel 1963, sotto un governo figlio, se così si può dire, di quella politica di Aldo Moro, fino a quando non ho deciso di scrivere un romanzo su quella vicenda (romanzo intitolato Noi la farem vendetta, e uscito per Feltrinelli nel 2006, quando io avevo 43 anni), fino ad allora io di quella vicenda non ho saputo quasi niente e come me, credo, quasi tutti i miei coetanei (io non ne ho, per esempio, mai sentito parlare a scuola), e ancora meno, credo, ne hanno saputo le generazioni successive; in sostanza, la memoria dei fatti di Reggio Emilia è stata consegnata a una canzone di Fausto Amodei, Per i morti di Reggio Emilia, che però, essendo una canzone, con testo di poche battute, per forza di cose dice pochissimo, di quel che è successo. Anche per questo mi sembra che abbia senso, oggi, 7 luglio 2012, ricordare quella vicenda del 1960 in una giornata dedicata al terremoto emiliano, e anche perché io ho l’impressione che tra i due avvenimenti (i fatti di Reggio Emlia e il terremoto) ci siano degli elementi in comune, come potrà giudicare chiunque avrà la pazienza e la gentilezza di leggere il pezzo che si trova qua sotto (o qua intorno, a seconda di come verrà impaginato). Continua a leggere »