Esprit de l’escalier (2)

domenica 26 Ottobre 2008

Sul treno che da Roma mi riportava a Bologna, mi è venuta in mente un’altra risposta che avrei potuto dare alla studentessa di Civitavecchia, che è una cosa che avevo letto in un articolo di Šklovskij, non mi ricordo di preciso quale.
Diceva Šklovksij, se non ricordo male, che voler studiare la letteratura partendo dal significato, ragionando su quello che vogliono dire i romanzi, su quello che voleva dir lo scrittore, sul cosiddetto messaggio, avrebbero detto negli anni settanta, è come voler studiare la matematica partendo dalle pagine dei risultati: esercizio 1: 18; esercizio 2: 3.890; esercizio 3: 48, esercizio 4: -11; esercizio 5: 0.

Esprit de l’escalier

domenica 26 Ottobre 2008

Sul treno che mi riportava a Roma da Civitavecchia, ripensavo a una domanda che mi aveva fatto una studentessa del liceo classico di Civitavecchia, una domanda sulla dominio del significato sulla forma nella critica letteraria.
A questa domanda avevo risposto, e mi sembrava di aver detto tutto quello che avevo da dire, solo che poi, sul treno che mi riportava a Roma da Civitavecchia mi era tornata in mente una cosa che avrei potuto dire.
Questa cosa l’avevo sentita dire quest’estate (a Seneghe) da Franco Cocco, che aveva raccontato di una volta che a un professore, una volta, quale una studentessa aveva chiesto cosa volesse dire Leopardi quando ha scritto Sempre caro mi fu quest’ermo colle. Adesso ti spiego, aveva detto il professore, Leopardi voleva dire Sempre caro mi fu quest’ermo colle. Sì, professore, ma cosa intendeva, dicendo sempre caro mi fu quest’ermo colle? Ah, vuoi sapere cosa intendeva, adesso ti spiego, intendeva sempre caro mi fu quest’ermo colle.