Diciamo così eccentrica

sabato 30 Novembre 2013

L’altro giorno son stato a Firenze a leggere da un libro di favole che ho scritto io, e il libro è scritto un po’ come scrivo io, con una sintassi, diciamo così, eccentrica; l’esergo, per esempio, è questo: «Tutte quelle canzoni che uno impara da ragazzo cosa le impara a fare? Per cantarle da grande a sua figlia per farla addormentare», che è un esergo che sembra scritto da uno che pensa che val più la pratica della grammatica e l’altro giorno, a Firenze, c’erano dei bambini di una quarta elementare che il libro l’avevan già letto e che, alla maestra, avevano chiesto perché io potevo scrivere delle cose che loro, se le avessero scritte, gliele avrebbero segnate come errore, e questa era una domanda che io non avrei saputo rispondere e quando son tornato a Bologna ho trovato in una libreria un libro per bambini di Lev Tolstoj che Tolstoj aveva intitolato L’abbecedario, e che nell’edizione italiana si intitola I quattro libri di lettura, ed è scritto da Tolstoj e dai figli dei contadini della sua tenuta, e di questa esperienza Tolstoj parla in un saggio che si intitola «Chi deve imparare a scrivere da chi? I figli dei contadini da noi o noi dai figli dei contadini?», e io ho pensato a una volta che avevo detto a mia figlia che i gatti erano animali notturni e lei mi aveva detto che «Invece i bambini sono giornurni, come animali», e io, che faccio da qualche anno una scuola elementare di scrittura emiliana, che è una scuola per grandi, ho pensato che mi piacerebbe molto fare una scuola, per bambini, di scrittura emiliana, dove non si insegnasse a scrivere l’italiano italiano, che per quello c’è già la scuola, ma quella lingua lì un po’ eccentrica, e magari sarebbe bello fare anche una scuola materna, di scrittura emiliana, per capire chi deve imparare a scrivere da chi, i grandi dai bambini o i bambini dai grandi, e ho pensato che ai bambini potrei leggere qulcuna delle favole di Tolstoj e dei figli dei contadini della sua tenuta, per esempio quella che si chiama Tre panini e una ciambella e che fa così: «A un contadino venne voglia di mangiare. Comprò un panino e lo ingoiò tutto d’un fiato, ma aveva ancora fame. Così comprò un altro panino e mangiò anche quello, ma continuava ad avere fame. Allora comprò un terzo panino e lo divorò ma non smetteva di avere fame. Alla fine, comprò qualche ciambella, e quando ne ebbe mangiata una si sentì sazio. A quale punto si battè sulla fronte e disse: “Che stupido sono stato! Perché ho mangiato inutilmente tanti panini? Per essere sazio, mi sarebbe bastato mangiare fin dall’inizio una ciambella”». E magari, ho pensato, potrei leggere ai bambini anche una storiella di un altro scrittore russo che mi piace molto e che si chiama Daniil Charms e che anche lui scriveva anche delle cose per bambini, e la storiella potrebbe essere questa: «Quando compri un uccello, guarda se ci sono i denti o se non ci sono. Se ci sono i denti, non è un uccello». E poi potrei dire ai bambini, «Ecco, adesso raccontate voi quello che volete». E credo che sarebbe bellissimo, ma forse mi sbaglio.

[uscito ieri su Libero]