Olla
Questo mio collega di lavoro, Bud, una volta ha invitato me e Fran a cena. Io non conoscevo sua moglie e lui non conosceva Fran. Così eravamo pari. Ma io e Bud eravamo amici. E sapevo che a casa sua c’era un bambino piccolo. Doveva avere più o meno otto mesi quando Bud ci ha invitato a cena. Che fine avevano fatto quegli otto mesi? Diamine, che fine ha fatto il tempo che è passato da allora? Ricordo ancora il giorno che Bud è venuto al lavoro con una scatola di sigari. Ce li aveva distribuiti a mensa. Li aveva comprati al supermercato, marca Dutch Masters. Però ogni sigaro aveva una fascetta rossa e un involucro su cui era scritto È UN MASCHIETTO! Io sigari non ne fumo, ma ne ho preso uno comunque. «Prendine un paio», aveva detto Bud, scuotendo la scatola. «I sigari non piacciono neanche a me. È stata un’idea sua». Voleva dire di sua moglie. Olla.
Non avevo mai incontrato la moglie di Bud, ma una volta l’avevo sentita per telefono. Era un sabato pomeriggio e non avevo niente che volessi fare e così ho chiamato Bud per vedere se voleva fare qualcosa. Ha risposto una donna e ha detto: «Pronto?» Ho avuto come un vuoto di memoria e non mi ricordavo più come si chiamava. La moglie di Bud. Bud me l’aveva menzionata un sacco di volte. Da un orecchio mi era entrato e dall’altro era uscito il nome. «Pronto?», ha ripetuto la voce di donna. Sentivo la televisione accesa sullo sfondo. Poi la donna ha detto: «Chi parla?» ho sentito un bambino che cominciava a frignare. «Bud!», ha gridato la donna. «Che c’è?», ho sentito Bud rispondere. Però non riuscivo ancora a ricordarmi come si chiamava lei. E così ho riagganciato. Appena ho rivisto Bud al lavoro col cavolo però che gliel’ho detto che avevo provato a chiamarlo. Comunque, ho fatto in modo di fargli dire come si chiamava sua moglie. «Olla», ha detto lui. Olla, ho ripetuto tra me e me. Olla.
[Raymond Carver, Cattedrale, traduzione di Riccardo Duranti, Roma, minimum fax 2008, pp. 21-22]