Più forte

lunedì 19 Dicembre 2016

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«Lei pensa?» gli chiese con voce insicura.
«Io penso anche quando non voglio. È più forte di me».

[Patrik Ourednik, Caso irrisolto, traduzione di Alessandro Catalano, Rovereto, Keller 2016, pp. 29]

La ruota della Storia

sabato 17 Dicembre 2016

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La tranquillità del quartiere era dovuta anche alla presenza del parco. Non era adatto alla prostituzione e per gli spacciatori era troppo lontano dal centro. Se non fosse stato per il numero crescente di svitati che, alle prime ore del mattino e nelle tarde ore pomeridiane, si dedicava a un’attività denominata Djo-ging, che aveva sostituito gli esercizi ginnici davanti alla finestra spalancata con il panorama della fabbrica, solo poche cose, suggerivano che anche qui la ruota della Storia si era mossa.
L’unica prova lampante dell’impetuosità della Storia poteva essere individuata nella spianata di cemento artificialmente rialzata all’interno del parco. Nel punto in cui un tempo si stagliava il generalissimo Stalin, vittima del XX Congresso del PCUS, si ergeva ora un enorme pendolo, che rappresentava, con uguale proporzione di forza meccanica e simbolica, il movimento del tempo. Nel corso del penultimo anno del secolo scorso, elevato dai media al rango di ultimo, era stata temporaneamente installata sul pendolo una banda luminosa, dalla quale gocciolavano i secondi che separavano la città dalla supposta fine del secolo. Tra il primo gennaio e l’ultimo dicembre del 1999, dall’ex monumento del generalissimo Stalin erano così sgocciolati 31.536.000 secondi. Dalla presunta fine del secolo ne sono poi sgocciolati altri 111.758.400, uno identico all’altro, tutti ugualmente perplessi. Ma oggi, amici, possiamo ormai parlare del secolo scorso senza partito preso, in modo distaccato e a mente fredda. Nei libri di storia il generalissimo ha preso posto accanto a Pericle e la bomba atomica è finita nel capitolo dedicato all’evoluzione e ai cannoni di legno della battaglia ci Crécy. Non che i secondi del nuovo secolo scivolassero via in modo più intelligente, ce ne scampi Iddio, ma magari, rifletteva a volte Dyck con una tenue speranza, il prossimo sarebbe stato l’ultimo. Non è pensabile che questo esperimento duri per sempre. In quanto ex studente delle facoltà di scienze naturali e in seguito conoscitore della vita dei carabidi, Dyck aveva coscienza che la natura offre alternative. Magari è il turno delle formiche O delle meduse. Questo sì che provocherebbe [Patrik Ourednik, Caso irrisolto, traduzione di Alessandro Catalano, Rovereto, Keller 2016, pp. 13-14]

[Patrik Ourednik, Caso irrisolto, traduzione di Alessandro Catalano, Rovereto, Keller 2016, pp. 20-21]

Le parole giuste

mercoledì 7 Dicembre 2016

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Dyk aveva l’abitudine di pronunciare sentenze che provenivano dalla sua zucca, abbellendole con fonti inventate, di solito bibliche. Aveva già da tempo compreso che, in Cechia, la ripetizione di qualcosa già detto da altri viene considerata la più alta manifestazione di intelligenza. Un tempo, all’epoca in cui raccoglieva coleotteri nei parchi, si assumeva la paternità delle sue sentenze («come dico sempre…»), ma non aveva mai suscitato altra reazione che sorrisi imbarazzati. Un giorno gli era venuto in mente di aggiungere «Libro di Rut, 4,6» – ed ecco che tutti gli sguardi attorno si erano illuminati, quelli delle donne di ammirazione, quelli degli uomini di invidia. Da allora aveva sempre fatto così. «La notte è l’annuncio dell’alba. Levitico, 2,10» diceva alzandosi dalla sedia e prendendo commiato da una serata. «Scava nella sabbia, troverai te stesso, Ecclesiaste, 17, 5» esortava una collega di lavoro che un giorno o l’altro contava di scoparsi. «Il padre tuona ad alta voce, ma, ahimè, il figlio non lo sente. Gilgamesh, canto terzo», consolava un vicino che si era lamentato del figlio adolescente.
Nemmeno stavolta aveva mancato l’effetto voluto. La signora Prochazka emise uno sbuffo di gioia e gettò a Dyk un’occhiata ammirata.
«Ah, lei!» commentò. «Lei sì che sa sempre trovare le parole giuste».

[Patrik Ourednik, Caso irrisolto, traduzione di Alessandro Catalano, Rovereto, Keller 2016, pp. 13-14]