Un’intervista
[La pluriripetente della scuola elementare e della scuola media di scrittura emiliana Camilla Tomassoni stamattina discute una tesi nella quale, alle fine, c’è un lunga intervista che metto qua sotto, grazie Camilla]
La casa editrice Marcos y Marcos ha appena ripubblicato Disastri, l’antologia di scritti di Daniil Charms che hai tradotto per Einaudi (Stile Libero 2003). Prima di Disastri, il lavoro di riscoperta di questo autore, a cui sembri essere molto legato, era stato condotto, in Italia, quasi esclusivamente da Serena Vitale e da Rosanna Giaquinta, che comunque avevano presentato un’opera di Charms piuttosto diversa da quella che proponi tu ai lettori. Qual è stata l’idea che hai seguito nel tradurre e curare questo libro?
La Vitale ha trattato Charms all’interno di un’antologia sull’avanguardia russa, della quale Charms e il suo gruppo rappresentano una specie di appendice, quindi in questo senso forse ha avuto ragione, a non enfatizzare l’importanza dell’opera di Charms nell’ambito dell’avanguardia russa, e tra l’altro la Vitale scriveva in un momento nel quale i testi di Charms ancora non avevano la diffusione che hanno oggi e che hanno cominciato ad avere dalla fine degli anni ottanta (la stessa cosa si può dire per il modo in cui parla di Charms Vladimir Markov nella sua bellissima Storia del futurismo russo); l’edizione curata dalla Giaquinta, Casi appunto, è uscita più tardi, nel 1990, e senza questo libro l’edizione di Disastri probabilmente non ci sarebbe stata, o, se anche ci fosse stata, non sarebbe stata così com’è. Io ho conosciuto Charms attraverso Casi, che è una specie di presentazione di Charms al pubblico italiano, è un testo che comprende opere molto diverse, tra loro, prose brevi, saggi filosofici e musicali, testi biografici, lettere. È un volume, Casi, che credo non sia stato pensato per essere letto dall’inizio alla fine, è un prezioso libro da consultazione, secondo me, ed è un libro al quale io sono molto affezionato e che, esistendo già, mi ha permesso di provare a fare qualcos’altro.
Facendo delle prove, prima di proporre l’antologia all’Einaudi, avevo avuto l’impressione che in Casi ci fosse un italiano leggermente più alto della lezione originale, come si fa di solito da noi, dentro nei libri, si alza, un po’. Ecco, io ho provato a riprodurre, per quanto son stato capace, il suono, di Charms, senza curarmi, quando non la trovavo nell’originale, di una coerenza grammaticale che a volte ritrovavo invece nella lezione della Giaquinta, e questa è una differenza ma la differenza principale, tra Disastri e Casi dipende, credo, dal fatto che io ho cercato di mettere insieme un libro che si potesse leggere di seguito, dall’inizio alla fine, tutto d’un fiato; ho provato, attraverso l’alternanza tra brani letterari di Charms e brani presi dai suo diari, a costruire una specie di sottotrama che tracciasse uno schizzo, per quanto minimo e impreciso, di Charms, schizzo che poi, nei limiti delle mie capacità e del materiale biografico a disposizione, ho provato a completare nel saggio finale. Alla fine, non so se funziona, se funziona dovrebbe esserci un libretto che il lettore non ha difficoltà a seguire dall’inizio alla fine e dove risuona, in un certo senso, la voce dell’autore, cioè di Charms, e dove, un po’, se ne vede forse anche la faccia.
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