lunedì 26 Febbraio 2024

E si narra di un dodicenne che in tempo di guerra, per leggersi in pace Guerra e pace tutto di fila, si sarebbe applicato col massimo zelo, nei sospetti tepori del suo letto, a strofinare la punta termometro, e avrebbe saltato sedici giorni di ginnasio (si narra nel senso che narro io, perché lo so di certo, perché ero io, il dodicenne). Da allora, mettendo nel conto anche il rischio di imbattersi in parecchie schifezze, quell’io pratica la lettura con la perseveranza, l’abnegazione, con l’inconfessabile voluttà con cui coltiva i suoi vizi. E finché il fatto non sarà perseguibile a termini di leggi, egli si passerà lo spregevole vizio di sobillare i giovani a leggere Guerra e pace.
[Vittorio Sermonti, Milano, Bur 2016, p. 7]

sabato 22 Maggio 2021

C’era una volta una bambina che si chiamava in un modo che non ve lo dico. Questa bambina qui, con il suo babbo, che si chiamava anche lui in un modo che non ve lo dico, a un certo momento avevano cominciato a giocare al polipo bacione.
[Favola così corta che non ha neanche il titolo, in Tredici favole belle e una brutta, nuova edizione, esce in settembre per BUR]
giovedì 27 Luglio 2017

«È una cosa, – diceva di solito, – che non c’è cosa migliore, di questa cosa: non gli devi dar da mangiare, tiene poco posto, in tasca ci sta sempre, se la fai cadere non si rompe».
[Nikolaj Gogol’, Il naso, in Racconti di Pietroburgo, testo russo a fronte, Milano, BUR 2011 (6), pp. 146, 148]

martedì 25 Luglio 2017

– Io, davvero, mi dispiace molto, che le sia successa una cosa del genere. Non vuole una presa di tabacco? Fa passare il mal di testa, la malinconia: anche in rapporto alle emorroidi è una cosa che fa bene.
Dicendo così, l’impiegato aveva allungato a Kovalev una tabacchiera, ne aveva rovesciato abbastanza agilmente all’indietro il coperchio con il ritratto di una signora con lo scialle.
Questo atto sconsiderato aveva fatto perdere la pazienza a Kovalev.
– Non capisco come le venga in mente di scherzare, – aveva detto con rabbia, – forse non vede che mi manca quello che mi servirebbe per fiutare! Al diavolo il suo tabacco! Mi viene il nervoso solo a guardarlo, e non solo il suo trinciato che non vale niente, perfino se mi offrisse del rapè!
[Nikolaj Gogol’, Il naso, in Racconti di Pietroburgo, testo russo a fronte, Milano, BUR 2011 (6), pp. 146, 148]

venerdì 21 Luglio 2017

Era entrato in una stanza molto diversa dalla prima, molto pulita e ordinata, cosa dalla quale risultava evidente che il padrone di casa era tedesco. Era stato colpito dalla cosa stranissima che aveva visto.
Davanti a lui sedeva Schiller, non lo Schiller che aveva scritto il Guglielmo Tell o la Storia della guerra dei trent’anni, ma il celebre Schiller, il lattoniere di via Meščanskaja. Vicino a Schiller c’era Hoffmann, non lo scrittore, un calzolaio abbastanza bravo di via Oficerskaja, grande amico di Schiller. Schiller era ubriaco e stava seduto e batteva il piede e diceva qualcosa con passione. Questa cosa non avrebbero stupito così tanto Pirogov, l’aveva stupito la stranissima posizione dei due corpi. Schiller stava seduto sporgendo in fuori il naso piuttosto grosso e alzando la testa; Hoffman, invece, lo teneva per il naso con due dita e faceva volteggiare la lama del suo coltello da calzolaio proprio sulla superficie del naso. Questi due personaggi parlavano in tedesco, quindi Pirogov, che in tedesco sapeva solo «Gut Morgen», non capiva niente di quel che dicevano. Comunque, ecco in cosa consisteva il discorso di Schiller.
«Non lo voglio, non ho bisogno del naso, – diceva agitando le braccia. – Per un naso solo mi vanno tre libre di tabacco al mese. E pago, in un fetido negozio russo, visto che nel negozio tedesco non hanno il tabacco russo, pago in un fetido negozio russo per ogni libbra quaranta copeche; cioè un rublo e venti copeche; dodici volte un rublo e venti copeche, fa quattordici rubli e quaranta copeche. Amico mio, Hoffmann, hai capito? Per un naso quattordici rubli e quaranta copeche. E nei giorni di festa fiuto il rapè perché non voglio fiutare, nei giorni di festa, del fetido tabacco russo. In un anno ho fiutato due libbre di rapè, a due rubli la libbra. Sei e quattordici, venti rubli e quaranta copeche solo per il tabacco. Questo è banditismo! Ti chiedo, amico mio Hoffmann, non è così? – Hoffmann, che era ubriaco perso anche lui, aveva risposto di sì. – Venti rubli e quaranta copeche! Io sono un tedesco di Svevia; io ho un re, in Germania! Non lo voglio, il naso. Tagliami il naso! Eccoti qua il mio naso!».
[Nikolaj Gogol’, La prospettiva Nevskij, in Racconti di Pietroburgo, testo russo a fronte, Milano, BUR 2011 (6), pp. 92, 94]

sabato 8 Luglio 2017

Nel racconto (La prospettiva Nevskij), che piacque molto a Puškin, ebbe influenza l’opera dello scrittore francese Jules Janin (1804-1874), negli anni Trenta particolarmente fecondo e autorevole. Fu Janin a formulare l’idea del «fantastico nel reale», a trovare un comune caseggiato di Parigi più interessante e affascinante dei ghiacciai svizzeri.
[Eridano Bazzarelli, Introduzione a Nikolaj Gogol’, Racconti di Pietroburgo, Milano, Bur 2011 (6), p. 7]
domenica 19 Marzo 2017

Solamente, se lo scherzo era troppo insopportabile, quando gli urtavano il braccio, impedendogli di lavorare, diceva: «Lasciatemi in pace, perché mi offendete?».
[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Bur 1980, pp. 102-103]
giovedì 17 Novembre 2016

«No», disse Petrovič deciso: «non si può far niente. La situazione è troppo brutta. Sarebbe meglio che lei, quando verrà il freddo tempo dell’inverno, ne faccia delle fasce per le gambe, perché le calze non scaldano. Le calze le hanno inventate i tedeschi, per fare un po’ più di soldi (a Petrovič piaceva, se c’era l’occasione, pizzicare i tedeschi). È chiaro che deve proprio farsi un cappotto nuovo».
[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Bur 1980, pp. 118-119]

mercoledì 28 Settembre 2016

«Partì da Roma il deputato Oibò
Il quindici corrente, a mezzodì;
Giunse a Torino il sedici – cenò,
e la mattina dopo ripartì.
Passò di qua, di là, di qui, di lì…
Verso Piacenza ha sonnecchiato un po’,
Alla stazion di Modena tossì,
A Prato rise, a Terni starnutò;
Andò ancora alla camera alle tre,
Diede segno di viva ilarità,
E alle otto, pare, desinò al caffè.
Così annunziano i fogli alla città
Tutte le volte ch’egli muove il piè…
Mentre lui non sa mai quello che fa!
[Edmondo De Amicis, Il deputato Oibò, in Poeti della rivolta. Da Carducci a Lucini, a cura di Pier Carlo Masini, Milano, Bur 1978, p. 396]

mercoledì 3 Agosto 2016

Avete mai stappato una bottiglia? Corpo d’un cane! Provate a ricordarvi la vostra faccia in quel momento. E avete mai visto per l’appunto un cane (che, come dice Platone – libro II de Rep. – è la bestia più filosofa del mondo) quando incappa in un osso col midollo? Se l’avete visto, avete anche notato con quale devozione lo guata, con quanta cura lo custodisce, con che fervore lo tiene, con quanta cautela lo intacca, con quale bramosia lo stritola, con quanta diligenza lo succhia.
Chi lo induce a fare questo? Che cosa spera dalla sua fatica? Qual bene ne pretende? Nient’altro che un poco di midollo.
[François Rabelais, Gargantua e Pantagruele recato in lingua italiana da Augusto Frassineti, volume primo, Milano, Bur 2000, p. 15]