Trenta

venerdì 24 Aprile 2020

Uno, in una colonia penale sull’isola di Sachalin, quando gli avevano chiesto quanti anni aveva, aveva risposto: «Trenta, o forse cinquanta».

[Anton Čechov, dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione]

Un racconto di Čechov

lunedì 6 Aprile 2020

C’è un racconto di Čechov dove uno torna a casa contentissimo con un giornale in mano, e quando gli chiedono cos’ha dice che nel giornale parlan di lui, che adesso è famoso. E i suoi famigliari leggono il giornale e c’è un trafiletto dove dicono che lui, ubriaco, ha causato un incidente. Fine.

Trenta

mercoledì 22 Gennaio 2020

Uno, in una colonia penale sull’isola di Sachalin, quando gli avevano chiesto quanti anni aveva, aveva risposto: «Trenta, o forse cinquanta».

[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione, questo matto è di Lisa Vozza]

Lavorava sempre

martedì 7 Gennaio 2020

Uno quando lavorava, e lavorava sempre, alternava caffè e brodo. Caffè la mattina e brodo il pomeriggio. Altrimenti non riusciva a lavorare.

[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione, questo matto è di Andrea Grossi]

Pazienza

lunedì 23 Settembre 2019

Sabato prossimo c’è la prima di uno spettacolo che abbiamo scritto con Nicola Borghesi, e sono un po’ agitato, è qualche giorno che penso che, probabilmente, sarà un disastro, e cerco di darmi da fare, di studiare, di provare, perché non sia un disastro, poi stamattina, quando mi sono svegliato mi sono detto che il Gabbiano di Čechov, la prima (il 17 ottobre 1896, al teatro Aleksandrinskij di Pietroburgo), è stata un disastro tale che Čechov voleva smettere di scrivere per il teatro. Cosa ti credi di essere, mi sono detto, meglio di Čechov? Hai ragione, mi sono detto, non sono meglio di Čechov, e mi sono un po’ tranquillizzato. Male che vada, vorrò smettere di scrivere per il teatro. Pazienza.

Carver, Čechov e Malcovati

venerdì 29 Marzo 2019

Raymond Carver è morto con Čechov tra le mani: nel suo ultimo libro di poesie in prosa, “Il nuovo sentiero per la cascata”, usa frammenti čechoviani come fossero suoi. “Ne ho il diritto. Lo adoro”: così Čajkovskij si era difeso dall’accusa di aver copiato Beethoven. Carver si era annotato questa frase.

[Fausto Malcovati, Il medico, la moglie, l’amante]

28 marzo – Bologna

mercoledì 28 Marzo 2018

Mercoledì 28 marzo
a Bologna,
in fiera,
alle 11,
al Translators Café (sic)
Pad. 21 Stand B/81,
con Fabian Negrin
parliamo di Van’ka
di Anton Čechov,
se non mi sbaglio.

Una boccetta di inchiostro

martedì 27 Marzo 2018

Van’ka Žukov, un ragazzo di nove anni che da tre mesi era stato messo a bottega dal calzolaio Aljachin, la notte prima di Natale non era andato a dormire. Dopo avere aspettato che i padroni e gli apprendisti uscissero per andare a messa, aveva tirato fuori dall’armadio del padrone di casa una boccetta di inchiostro, una penna con il pennino arrugginito e, steso davanti a sé un foglio di carta tutto spiegazzato, aveva cominciato a scrivere. Prima di tracciare la prima lettera, aveva gettato uno sguardo timoroso alla porta e alle finestre, aveva guardato di traverso l’icona scura, ai lati della quale si stendevano gli scaffali con le forme per le scarpe, e aveva strascicato un sospiro. La carta stava su uno sgabello, e lui ci si era messo davanti in ginocchio.

[Anton Čechov, Van’ka, illustrazioni di Fabian Negrin, Roma, orecchio acerbo 2018, pp. 7.8]

Goccia a goccia

domenica 25 Marzo 2018

[Sono stato a vedere una cosa, a teatro, che si intitolava Il giardino dei ciliegi, ma un po’ così, per finta, e mi è venuto in mente questo pezzetto che ha scritto Čechov, che è quello che ha scritto Il giardino dei ciliegi vecchio, non questo nuovo che ho visto io oggi, il vecchio]

Quello che gli scrittori aristocratici ottengono gratis, gli intellettuali borghesi lo acquistano a prezzo della loro giovinezza. Provate un po’ a scrivere la storia di un giovane, figlio di un servo della gleba, che è stato garzone di bottega, cantore in chiesa, allievo di ginnasio, studente universitario, spesse volte frustato, educato a venerare le gerarchie, a baciar la mano ai popi, a inchinarsi alle idee altrui, a profondersi in ringraziamenti per ogni boccone di pane; di un giovane che andava a dar ripetizioni senza galosce, s’azzuffava con i compagni, pranzava con piacere dai parenti ricchi, era ipocrita con Dio e con gli uomini senza nessun bisogno, solo perché consapevole della propria nullità. Provate a raccontare come quel giovane sia riuscito a strizzare fuori, goccia a goccia, il servo che ha in sé, e come destandosi un bel mattino, sente che nelle sue vene non scorre più sangue di servo ma vero sangue di uomo libero.
(Lettera a Suvorin, 7.I.1889)

[Fausto Malcovati, Il medico la moglie l’amante (come Čechov cornificava la moglie-medicina con l’amante-letteratura), Milano, Marcos y Marcos 2015, p. 35 ]

Non c’è niente da dire

giovedì 15 Giugno 2017

Il vecchio si era grattato la fronte, aveva guardato in su, con gli occhi rossi, verso Egóruška, e aveva continuato.
– Maksìm Nikolàič, il padrone di Slavjanosérbsk, anche lui l’anno scorso ha mandato suo figlio a studiare. Non so come è lì, con la scienza, ma come ragazzo, non c’è niente da dire, è bravo… Che Dio gli dia la salute, son dei bravi signori. Sì, anche lui l’han mandato a studiare… A Slavjanosérbsk non c’è un istituto dove, come si dice, profondire la scienza. Non c’è… Ma la città, non c’è niente da dire, è bella… Una scuola normale, per fare degli studi normali, quella lì c’è, ma per una scienza più profondita, quella lì non c’è mica… No, davvero. Come ti chiami?

[La steppa di Čechov, edizioni Quodlibet, esce oggi, se non mi sbaglio]