Come le pecore d’un gregge

venerdì 26 Agosto 2016

Tschingis Aitmatov, Melodia della terra. Giamilija, versione italiana di Andrea Zanzotto, Milano, Marcos y Marcos

Anche su questo punto avevamo le nostre regole precise: i fratelli scrivevano le lettere indirizzandole al babbo, il postino del villaggio le portava alla mamma, leggere le lettere e rispondere era compito mio.
Prima di mettermi a leggere già sapevo ciò che Sadyk aveva scritto.Tutte le sue lettere si somigliavano come le pecore d’un gregge. Sadyk immancabilmente cominciava con le parole “Notizie riguardanti la mia salute”, e poi, senza mai variare, dichiarava: “Mando questa lettera per posta ai miei genitori che vivono nel fiorente e profumato Talas: al mio caro e amatissimo padre Giolciubaj…” Poi veniva mia madre, poi sua madre e poi tutti noi in rigido ordine. Dopo venivano le domande d’obbligo sulla salute e prosperità degli anziani del clan, dei parenti stetti e soltanto alla fine, quasi frettolosamente, Sadyk aggiungeva: “E mando anche un saluto a mia moglie Giamilja…”
Certo, quando padre e madre sono in vita, quando al villaggio prosperano gli anziani e i parenti stretti, nominare la moglie per prima, o peggio indirizzare una lettera direttamente a lei, è senza dubbio scorretto o addirittura fastidioso. Sadyk non è il solo a pensarlo, ma ogni uomo che si rispetti. E non c’era nulla da cambiare: al villaggio tutto era stabilito, e non solamente tutto questo non sollevava alcuna discussione, ma, semplicemente, non ci pensavamo affatto; non ci ponevamo il problema. Perché ogni lettera era un avvenimento gioioso, desiderato.
La mamma mi faceva rileggere la lettera parecchie volte, poi con tenerezza la prendeva tra le sue mani tutti screpolate, e guardava il foglietto con aria incerta, come se fosse stato un uccello in grado di volar via. Muovendo con fatica le dita rigide piegava infine la lettera a triangolo.
“Ah, miei cari, conserveremo le vostre lettere come talismani!” sussurrava con voce tremante di lacrime.

[Tschingis Aitmatov, Melodia della terra. Giamilija, versione italiana di Andrea Zanzotto, Milano, Marcos y Marcos, pp. 31-32]

Quello che per il torero è il corno del toro

lunedì 25 Gennaio 2016

Michel Leiris, La letteratura considerata come tauromachia, in Età d'uomo

Lo tormentava un problema, che non gli lasciava tranquilla la coscienza e gli impediva di scrivere: forse ciò che avviene nel campo letterario è senza valore se rimane “estetico”, anodino, esente da sanzioni, se non c’è nulla, nello scrivere un’opera, di equivalente a quello che per il torero è il corno aguzzo del toro (e qui ricorre una delle immagini più care all’autore). In realtà soltanto questo, per la minaccia materiale che rappresenta, conferisce un valore umano alla tauromachia, le impedisce d’essere unicamente grazie vane da ballerini. Mettere a nudo certe ossessioni di ordine sentimentale o sessuale, confessare pubblicamente certe deficienze o vigliaccherie che più gli fanno vergogna: questo fu per l’autore il mezzo per introdurre sia pur l’ombra di un corno di torno nell’opera letteraria, un mezzo di certo grossolano, che ora egli passa agli altri sperando di vederlo perfezionato.

[Michel Leiris, La letteratura considerata come tauromachia, in Età d’uomo, a cura di Andrea Zanzotto, Milano, SE 2003, p. 12]

Al mondo

lunedì 29 Aprile 2013

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto /…/

[Andrea Zanzotto, Al mondo, in Poeti italiani del Novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, Milano, Mondadori 1990, p, 890]