giovedì 17 Gennaio 2019
E poi c’è un’altra cosa che mi colpisce, perché Guerra e pace che potrebbe essere visto come una specie di libro all’opposto del testo scientifico, nell’epilogo fa vedere come la concezione scientifica permei la narrativa di Tolstoj. E l’altra citazione sempre di tre righe dice: «È vero, noi non percepiamo il mo- vimento della terra ma ammettendone l’immobi- lità arriviamo a un assurdo. Ammettendo invece il movimento, che pure non sentiamo, giungiamo a formulare delle leggi». E questo è straordinario! La rinuncia alla percezione immediata in funzione di una ragione maggiore. L’esempio canonico che si fa è se tu guardi di fuori dalla finestra il sole lo vedi sorgere e tramontare, non ci sono santi, cioè, è che quello che ti accade sotto gli occhi. Però, soltanto se rinunci a quello che vedi, in funzione di una ragione, riesci a rendere conto delle leggi giuste che stanno intorno a te.
[Andrea Moro, in Qualcosa numero 3, se ne parla stasera alla libreria Verso, a Milano]
giovedì 6 Settembre 2018
L’ultimo libro è il Vangelo di Giovanni. Tutti conosciamo la parola vangelo, e ci siamo dimenticati che vuol dire: una buona notizia. Quel testo lì girava per le strade e per le società e si chiamava solo “buona notizia”, come se voi tra questi libri ne aveste uno, dice: «Come si chiama questo?». «La buona notizia, sentiamo cos’è». Ma perché in particolare mi piace parlarvi di questa buona notizia? Per un contrasto, i contrasti sono il motore delle mie scelte. Giovanni, scrive in greco, e parla alla comunità greca. Tutti lo sanno come inizia il Vangelo di Giovanni: «All’inizio c’era il lògos». Non la traduco questa parola, perché è una parola complicatissima, carichissima di problemi, di significati, però è inequivocabilmente legata alla razionalità. Probabilmente la radice di lògos è *leg-, *log- la radice che ha due vocali possibili, che vuol dire ‘raccogliere’ e in italiano è rimasta l’idea di raccogliere soltanto nella parola ‘antologia’ che vuol dire ‘raccolta di fiori’. Altrimenti vuol dire ‘discorso su’. In ogni caso, lui dice: «All’inizio c’era il lògos / En archè en o lògos kài o lògos en pros ton theòn». All’inizio c’era il lògos. Quindi, tu dici: «Caspita, la razionalità pura sta all’inizio di tutto». Poi c’è tutta la storia narrata, bellissima. Tra l’altro ritornano nel greco tutte le parole sullo sguardo, sembra che il cristianesimo sia una cosa di sguardi. Ci possiamo solo guardare per comunicare davvero, alla faccia di facebook. E a un certo punto c’è una frase che spacca la storia. Io sono cresciuto con un’idea sbagliatissima dell’epoca in cui visse Cristo. Immaginavo un’epoca di pastori, di deserto, di ignorantoni. Negli anni in cui vive Cristo c’era una canonizzazione della geometria e della logica che resiste oggi. C’era già stata tutta l’esperienza di Platone e di Aristotele. Tutto il grande bagaglio della canonizzazione degli Stoici. La nozione di verità, nel tempo in cui vive Cristo, è una nozione accademica, sofisticata, molto complicata. E che cosa dice uno che va in giro a dire che all’inizio c’era il lògos? Quando gli dicono: «E adesso che tu te ne stai per andare, perché ti hanno condannato a morte, noi come facciamo? Dove andiamo?». Gli chiedono: «Insegnaci dov’è la verità a questo punto». E lui, in quel momento culturale in cui la verità era libresca eccetera eccetera dice: «La verità sono io». Ecco, questa cosa qui spacca la storia. Cioè il passare attraverso gli sguardi e i contatti con le persone. E allora lasciatemi concludere soltanto dicendo che l’idea che avete avuto voi, di mettere insieme le persone che vi parlan dei libri, incontrando altre persone, è un’idea straordinaria perché prova la bontà della comunicazione, che se non è fatta guardandosi negli occhi probabilmente non funziona. Grazie a tutti.
[Andrea Moro per Qualcosa numero 3]
domenica 28 Gennaio 2018
Per non parlare dei contenuti: abituato a lavorare sulle regole della sintassi, non sapevo come trattare la semantica. L’unico elemento che sapevo dominare era quel fenomeno umanissimo e specialissimo che è la punteggiatura, così umano che nessuno ha avuto il coraggio di rintracciarla – sia pure in forma embrionale, s’intende – nel linguaggio di altri animali. La punteggiatura è come l’elettroencefalogramma di un cervello che sogna – non dà le immagini ma rivela il ritmo del flusso sottostante.
[Andrea Moro, Il segreto di Pietramala, Milano, La nave di Teseo 2018, p. 23]
mercoledì 25 Ottobre 2017
È persino possibile risolvere problemi che non abbiamo la capacità di cogliere completamente da una prospettiva globale, così come un topo che esce da un labirinto non è probabilmente in grado di elaborare una teoria generale dei labirinti.
[Andrea Moro, Le lingue impossibili, Milano, Cortina 2017, p. 21]
mercoledì 14 Dicembre 2016
Venerdì e sabato avremmo dovuto, con Giancarlo Ilari, fare la nuova versione di Parma e po pu al teatro del tempo (è uno spettacolino dove leggiamo delle cose su Parma che questo è il terzo anno che lo facciamo), solo che Ilari ha la bronchite allora Parma e po pu lo faremo a gennaio o a febbraio e io, venerdì sera, vado a vedere quel signore qua (clic) a Sant’Ilario (clic)
sabato 9 Gennaio 2016
L’intervento di Andrea Moro al Festival sonoro della letteratura Questa è l’acqua: Clic
mercoledì 30 Dicembre 2015
Il 18, il 19 e il 20 dicembre c’è stata, a Reggio Emilia, la seconda edizione del festival sonoro della letteratura Questa è l’acqua, che mi hanno chiesto di curare, e io ho pensato che sarebbe stato bello iniziare con una conferenza di Andrea Moro, che è un linguista italiano bravissimo, uno dei principali collaboratori di Noam Chomsky, che ha inaugurato il festival con una conferenza sul linguaggio e mi piaceva molto questo fatto di iniziare un festival di letteratura con una conferenza sul linguaggio, che è una cosa che, nella mia testa, sarebbe stato come iniziare un festival di architettura con una conferenza sul calcestruzzo.
Andrea Moro ha detto che quando ha ricevuto il nostro invito è rimasto colpito per via del fatto che i suoi studi recenti dimostrerebbero che le onde elettriche che colpiscono il cervello quando si attiva il linguaggio, agiscono in modo molto simile alle onde sonore che colpiscono i timpani quando si parla, e che questa cosa, nel cervello, succede anche quando uno legge a bassa voce, e che se lui dovesse, oggi, rispondere con una battuta alla domanda «Di cosa è fatto il linguaggio?», lui risponderebbe: «Di suoni».
Quando dopo mi han chiesto come mai il festival sonoro della letteratura si chiamava Questa è l’acqua, io ho detto che si chiamava così per via del fatto che, secondo me, quel che si fa, in un festival di letteratura, è costruire dei silenzi; la qualità dei festival di letteratura, per come li capisco io, ho detto, dipende dalla qualità dei loro silenzi, cioè dalla potenza e dalla durata dei momenti che gli spettatori si trasformano da spettatori individuali in un gruppo di persone che respirano insieme, una specie di bestia che trattiene il fiato, e il silenzio che segue il discorso tenuto da Foster Wallace il 21 maggio del 2005 per il conferimento della lauree al Kenyon college di Gambier, in Ohio è molto eloquente, e quel discorso si intitola Questa è l’acqua, ho risposto.
E la contraddizione che deriva dal fatto che la qualità di un festival sonoro la si capisce dal silenzio, mi sembra sia stata risolta da uno dei testi che è stato letto nel corso di questa edizione del festival Questa è l’acqua, L’Etimologiario di Maria Sebregondi, che è un libro fatto da 101 definizioni da dizionario etimologico, la decima delle quali è: contraddizione, e fa così: «contraddizione s. f. – una delle operazioni fondamentali dell’aritmetica, opposta all’addizione. In base al principio di contraddizione i termini (contraddendi) invece di unirsi si scontrano dando luogo a paradossi, aporie, antinomie,. Il risultato, opposto alla somma, è l’insomma, con valore dubitativo».
Hanno partecipato anche Ermanno Cavazzoni, che ha letto l’Intervista con Dio onnipotente di Giorgio Manganelli, Leo Ortolani, che ha letto il suo Gande Magazzi, Antonio Pennacchi, che ha letto L’autobus di Stalin, Sara Loreni e Lorenzo Buso, che hanno musicato l’Etimologiario, Fabio Genovesi, che ha letto e raccontato Morte dei marmi e, accompagnato da Luisanna Messeri, Paolo Poli, che ha detto le cose paradossali e bellissime che dice lui come, a proposito dei greci, questa (tratta da Alfabeto Poli, a cura di Luca Scarlini): « Gli antichi in un vaso per l’insalata ci disegnavano donne che facevano i pompini. Ma che persone civili! Ma che cosa meravigliosa!».
[uscito ieri su Libero]
mercoledì 22 Luglio 2015
Il linguaggio umano è, in fondo, il grande scandalo della natura: il linguaggio umano costringe a riconoscere una discontinuità immotivata e improvvisa tra gli esseri viventi: la sua struttura interrompe la scala evolutiva – come una singolarità inaspettata – e rivela l’ossatura della mente come forse niente altro.
[Andrea Moro, Breve storia del verbo essere, Milano, Adelphi 2012 (4), p. 62]
domenica 28 Giugno 2015
Anzi, l’errore di oggi potrebbe benissimo essere la norma di domani, ovvero l’errore in una certa lingua può essere la norma in un’altra; per esempio a me mi piace è la regola in molte varietà dello spagnolo (a mi me gusta). In generale, tutti i tentativi di cristallizzare una lingua in una grammatica stabile nel tempo non sono mai andati a buon fine, se non forse in qualche caso a livello ortografico. La lingua, diceva Wittgenstein, si cura da sé.
[Andrea Moro, I confini di Babele, Bologna, Il mulino 2015, p. 71]