Manganelli
Bisogna arrivare a parlare di cultura come si parla di figa.
[Giorgio Manganelli, Riga 44, a cura di Andrea Cortellessa e Marco Belpoliti, Macerata, Quodlibet 2022, p. 73]
Bisogna arrivare a parlare di cultura come si parla di figa.
[Giorgio Manganelli, Riga 44, a cura di Andrea Cortellessa e Marco Belpoliti, Macerata, Quodlibet 2022, p. 73]
L’altro giorno ho scritto un pezzo per Libero e l’ho intitolato Come vestirsi con il cambio di stagione (si trova qui poco lontano). Ho chiesto a Francesco Borgonovo, il responsabile delle pagine culturali di Libero, di pubblicarlo con quel titolo. L’ha pubblicato con questo titolo: A me piacciono le differenze, a Cortellessa chissà… Con i tre puntini alla fine. Io, nei venti libri che ho scritto, i tre puntini li ho usati forse tre volte o quattro, e mai nel senso di alludere a qualcosa che non vien detto, che è una forma retorica che mi disgusta, se dovessi dire. Tra l’altro, nel pezzo, non dicevo affatto che a me, diversamente da Cortellessa, piacciono le differenze, dicevo che a me piacciono sia le differenze che le uniformità e che Cortellessa a me sembrava molto diverso da Angela Azzaro. Quando ho cominciato a pubblicare per Libero, un’idea che avevo, era che i lettori di Libero fossero altrettanto intelligenti dei lettori del manifesto o della Repubblica. È una cosa che penso ancora, e queste piccole semplificazioni, distorsioni e manipolazioni, non mi sembrano solo inutili, mi sembrano dannose. C’è un’intervista alla figlia di Manganelli, se non ricordo male, che si intitola così: Mio babbo non era inutile, era dannoso.
L’altro giorno ho letto a una quarantina di ragazzi di prima, seconda e terza media il breve testo di Georges Perec Alcune delle cose che dovrei pur fare prima di morire. Poi gli ho chiesto di scriverlo loro, un elenco di cose che dovrebbero pur fare prima di morire, e loro l’han scritto, e una di loro, tra le altre cose, ha scritto che prima di morire dovrebbe pur fare due gemelli. Le ho chiesto se conosceva qualcuno che aveva dei gemelli, lei mi ha detto: «Ma no, è per vestirli uguali». Abbiamo riso.
Qualche mese fa, a Pisa, poco prima di cominciare una lettura al Pisa book festival ho sentito uno del pubblico che diceva, di me: «È vestito come Lucarelli».
Io e mio fratello, da piccoli, c’erano diciassette mesi di differenza, ci vestivano uguali, come due gemelli. Ci chiedevano tutti: «Ma siete gemelli?».
Qualche giorno dopo il Pisa book festival ho incontrato a Bologna Lucarelli che quando mi ha visto mi ha detto: «Siam vestiti tutti uguali».
Allora, non so a voi, a me piace, tutti uguali, però mi piacciono anche le differenze e quel che è successo tra Angela Azzaro e Andrea Cortellessa (clic e clic), sapete quel che è successo? Io non lo so, di preciso, perché in questa storia sembra ci siano solo delle differenze, anche nella ricostruzione di quel che è successo. Continua a leggere »
[Esce oggi su Libero]
Chi ha letto le due pagine di Libero del 14 gennaio scorso che si aprivano con i titoli: “Inquisizione; Processate l’autore che scrive su Libero”; “In un incontro pubblico Paolo Nori dovrà spiegare perché firma per noi al critico Cortellessa”, pagine nelle quali si diceva che a Roma, alla libreria Giufà, era stata organizzata per stasera “una cialtronesca iniziativa nella quale si voleva mettere al rogo Paolo Nori”, chi ha letto quelle pagine, dicevo, credo non abbia potuto fare a meno di chiedersi: “Ma Nori, perché ci va? Perché va a farsi processare? Perché va a farsi mettere al rogo?”. Forse le cose non stanno proprio così. Riassumo, brevemente, quel che è successo. Continua a leggere »
Qualche settimana fa, il responsabile delle pagine culturali di Libero, Francesco Borgonovo, mi ha scritto che gli sarebbe piaciuto che scrivessi qualcosa per loro. Mi diceva di sapere che non condividevo il taglio politico del giornale, ma, se avessi voluto provare a collaborare con qualche recensione, avrei verificato che sarei stato perfettamente libero di scrivere quello che volevo. Gli avevo risposto che aveva ragione, che non condividevo il taglio politico del giornale, ma che credevo che ognuno fosse responsabile di quello che fa, nel caso specifico di quello che scrive, e che quindi lo ringraziavo e che avrei provato a fare qualcosa. E mi ha chiesto di recensire il nuovo romanzo di Ammaniti e l’ho fatto. Adesso, al di là di quella recensione, che sembra abbia un po’ stupefatto qualcuno, per via che è abbastanza simile a una recensione a Colpi al cuore di Kari Hotakainen che era uscita tre anni fa sul manifesto, e questo era, in un certo senso, previsto e mi piace, vedo che qualcuno è, non so come dire, scandalizzato?, dal fatto che io collaboro con Libero. In particolare mi colpisce, per via che lo conosco, Andrea Cortellessa, che scrive, su Nazione indiana «restando in attesa, dio voglia!, che qualcuno smentisca la circostanza di una sua [cioè mia] collaborazione a “LIbero”».
Cortellessa, evidentemente, non la pensa come me; vale a dire che Cortellessa crede, evidentemente, che ognuno sia responsabile non solo di quello che scrive, ma anche delle opinioni di chi dirige il giornale, in cui scrive, o della proprietà, forse, e quindi mi vien da dire che Cortellessa condivide le opinioni della direzione (o della proprietà) della Stampa, che è un quotidiano con il quale collabora da tempo. Se si applicasse questa regola anche al passato, verrebbe da dire che Pasolini condivideva le opinioni della direzione, o della proprietà, del Corriere della Sera, che Piergiorgio Bellocchio condivideva le opinioni della proprietà, o della direzione del Corriere della Sera anche lui e anche di quelle (direzione e proprietà) di Panorama, che Giorgio Manganelli condivideva le opinioni delle direzioni e delle proprietà del Messaggero, della Stampa, del Mondo, del Corriere della Sera, dell’Europeo, dell’Espresso, della Gazzetta di Parma e di vari altri direttori e proprietari di quotidiani, mensili e settimanali. E niente. Buongiorno.