domenica 10 Ottobre 2021
«Io son poi da solo, e loro sono tutti», è una celebre frase dell’uomo del sottosuolo, di Dostoevskij. È ragionevole pensare che molti lettori di Memorie del sottosuolo si siano riconosciuti in quel sentimento descritto da Dostoevskij, in quell’impressione che loro, l’altro, il mondo intero, siano contro di noi.
Contro di noi, e non contro di me, perché questa frase di Dostoevskij, nel raccontare così bene una solitudine disperante, rivela un’affinità, con l’autore del romanzo, e con il suo protagonista. Il lettore di Dostoevskij, quando incontra questa frase si accorge di due cose: che è proprio vero, lui è poi da solo, e loro sono tutti, e che non è l’unico, a essere da solo.
Ai partecipanti a Autori in prestito, anche quest’anno chiediamo di raccontare i libri, le opere d’arte, le musiche, i film che li hanno stupefatti e gli autori che hanno detto loro questa cosa: che non erano gli unici, a essere da soli.
Dal 19 ottobre all’11 dicembre, Vanni Santoni, Vasco Brondi, Giovanni Francesio, Roberto Abbiati, Pietrangelo Buttafuoco, Mirco Mariani, Andrea Vianello, Tito Faraci, Davide Toffolo, Gaetano Savatteri, Alessia Gazzola, Andrea Pomella, Ritanna Armeni, Marco Rossari, Paolo Malaguti, Guia Soncini, Carmen Pellegrino, Maria Grazia Calandrone, Alessio Forgione, Cecilia Sala e Giosuè Calaciura nelle biblioteche della provincia di Reggio Emilia: http://www.autorinprestito.it/ (illustrazione di Guido Scarabottolo)
sabato 15 Giugno 2019
Negli anni venti del novecento, un critico russo che faceva parte di quel gruppo di critici che eran stati chiamati, per offenderli, formalisti, e che avevano assunto questo nome e avevan finito per chiamarsi loro stessi formalisti e che in Italia, dal momento che erano russi, eran stati chiamati, da allora, formalisti russi, questo critico russo che si chiamava Jurij Tynjanov ha scritto, negli anni venti del novecento: «La prosa russa attraversa un periodo di crisi. (D’altra parte, anche la poesia attraversa un periodo di crisi. In generale, è difficile ricordarsi di un periodo in cui non attraversavano un periodo di crisi)».
Allora io, che sono nato nel 1963 a Parma, vale a dire in Italia, ho l’impressione che, da quando mi ricordo io, la poesia italiana, la prosa italiana, l’economia italiana, la giustizia italiana, la pubblica istruzione, italiana, la sanità, italiana, la politica, italiana, lo sport, italiano, attraversino, da allora, un periodo di crisi; a me sembra di esser sempre vissuto in un periodo di crisi e delle volte mi chiedo cosa succederebbe se passasse, la crisi, e ho come l’impressione che ne sentirei la mancanza.
E la letteratura, in particolare, io ho l’impressione che la letteratura si nutra, della crisi, che abbia bisogno, della crisi, e credo che la Napoli descritta da Alessio Forgione in Napoli mon amour sia un esempio eloquente della crisi che attraversiamo in questi anni in Italia e che, quando passerà, perché passerà, ci mancherà così tanto.
[Discorsino che ho fatto ieri, a Mosca, durante la cerimonia di assegnazione del premio Intersezioni a Alessio Forgione]
lunedì 10 Giugno 2019
Guardando le immagini, avevo pensato che mi sarebbe piaciuta non poco la neve su Napoli, per dare una scossa, per vedere il tutto sotto una luce diversa, ma la neve non c’era e questa cosa m’infastidiva. Mi sembrava l’ennesima bellezza che mi veniva negata da eventi estranei, più forti di me. Mi sentivo messo da parte: una stupida e ignobile particella di un tutto che non mi considerava, che non mi ascoltava. In particolare, mi dava fastidio l’idea di una bellezza che esiste- va e non potevo toccare; reagivo come potevo, scomposto, immaginando il candore, il bianco diffuso sui palazzi, sulle macchine, sulla strada e i cani camminare stupiti odorando la neve, e i bambini correre, cadere e rialzarsi ed io in pie- di, immerso nel bianco, con i vestiti bagnati, con gli occhi socchiusi per la rifrazione della luce. Guardavo e godevo. Riuscivo anche a immaginare i problemi, gli ingorghi che avrebbe provocato in una città non pronta e caotica di suo, ma nonostante tutto tifavo per la neve. Per le sue proprietà lenitive e coprenti. Tutto quel bianco sul senso di colpa, fino a seppellirlo in profondità. Sarebbe stata un’ottima scusa, una nuova, per continuare a non far niente.
[Alessio Forgione, Napoli mon amour, Milano, NN 2018, p. 29]