martedì 5 Maggio 2020
Un’altra volta ancora, ero in giro a presentare un libro, avevo parlato di come sono diversi il russo e l’italiano, e del fatto che i primi versi dell’Onegin in Russia li capiscono anche i bambini, invece, per dire, «Ei fu, siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore, / orba di tanto spiro», se lo dici a un bambino italiano chissà cosa capisce, «Adesso quando torno a Bologna voglio proprio provare», avevo detto quella volta lì.
Dopo poi ero tornato a casa, avevo preso la Battaglia, le avevo detto: «Ascolta, adesso ti dico una cosa e tu mi dici quello che capisci».
«Va bene», mi aveva detto lei.
E io le avevo detto: «Ei fu, siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro», e poi le avevo chiesto: «Cos’hai capito?».
E lei ci aveva pensato un po’ e poi mi aveva detto: «Che lui è lì, in piedi, che gioca a memory respirando».
Ecco.
domenica 27 Ottobre 2013
«Renzo arrivò tutto trionfante, fece il suo rapporto, e terminò, con un ahn? interiezione che significa: sono o non sono un uomo io? si poteva trovare di meglio? vi sarebbe venuta in mente? e cento cose simili» (il corsivo è del Manzoni).
[Alessandro Manzoni, I promessi sposi, Milano, 1840, p, 136, ora in Enrico Testa, Lo stile semplice, Torino, Einaudi 1997, p. 50]
giovedì 27 Maggio 2010
L’altro giorno, a Montemurlo, si è parlato di come sono diversi il russo e l’italiano, e del fatto che i primi versi dell’Onegin, Moj djadja samych čestnych pravil, / kogda ne v šutku zanemog, / on uvažat’ sebja zastavil / i lučše vydumat’ ne mog (Di principi onestissimi, mio zio, / or che giace ammalato per davvero, / fa sì che lo rispetti anch’io; / e non poteva aver miglior pensiero [tr. E. Lo Gatto]) in Russia li capiscano anche i bambini, mentre, per dire, Ei fu, siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore, / orba di tanto spiro se lo dici a un bambino chissà cosa capisce, adesso quando torno a Bologna voglio provare, ho detto l’altro giorno, ed era già la seconda o la terza volta che lo dicevo e non l’avevo mai fatto.
Allora ieri, quando sono arrivato da una bambina di cinque anni le ho detto Adesso ti dico una cosa e tu mi dici quello che capisci, Va bene, mi ha detto lei, e io le ho detto Ei fu, siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro, e poi le ho chiesto Cos’hai capito?
E lei ci ha pensato un po’ e poi mi ha detto: Che lui gioca con il memory in piedi immobile respirando.
lunedì 23 Novembre 2009
Certo se Manzoni, alla fine dei Promessi sposi, nel momento in cui Renzo e Lucia stanno finalmente per convolare a nozze, avesse mandato altri due bravi di un altro signorotto spagnolo a impedire il matrimonio, avrebbe fatto ridere.
[L’accalappiacani, settemestrale di letteratura comparata al nulla, Numero 4 – speciale, Roma, DeriveApprodi, novembre 2009, pp. 105, 15 euro]
martedì 11 Novembre 2008
Qualche anno fa, la rivista Maltese narrazioni aveva una rubrica che credo si chiamasse Out takes, dove si pubblicavano dei pezzi di romanzi che alla fine non erano entrati nei romanzi. Succede spesso che quando finisci un romanzo hai tre o quattro pezzi che magari sono anche belli, e che però, alla fine, per una serie di motivi che possono essere diversissimi tra loro a seconda dei casi, vengono tolti. La traduzione italiana potrebbe essere Scarti, se non fosse che Scarti ha una connotazione negativa, invece delle volte le cose che togli magari son belle, come questo pezzo di Paolo Colagrande che in origine era una parte di Kammerspiel:
E mio padre? Fio se ci penso mi sputerei addosso, ho venduto la sua casa con dentro la sua tomba, compresa nel rogito: l’abbiam lasciata là nel giardino, la tomba, neanche per cagate le meste spoglie paterne. E prima di vendere, io e mia mamma a riflettere su cosa fare delle meste spoglie paterne; Sandro, mi dice Giulia Beccaria, siamo pratici, è più il regò di trovar un operaio che ti fa l’estumulazione al giorno d’oggi, che lasciarlo lì dov’è, il sepolcro, senza contare che al catasto l’immobile è registrato insieme col sepolcro e le meste spoglie, bisognerebbe star lì chiamare un geometra fare il frazionamento, sai i maroni; e poi chi paga?, che gira e rigira è sempre lì che casca l’asino, casomai gli diciamo ai compratori di metterci due o tre fiori. E poi mi giustificavo che avevo avuto un’infanzia difficile, il Conte Pietro Manzoni non era mica mio padre vero, io ero un cosiddetto fuorivìa di mia mamma, e mia mamma stessa poi mi aveva trascurato, inutile girarci intorno, che detto confidenzialmente a livello di prender dei sifoli non scherzava mica neanche lei, mia mamma Giulia, tra Giovanni Verri e Carlo Imbonati e poi e poi; che io Carlo Imbonati anche se giuro che non l’ho mai visto in faccia, tra parentesi mi stava sulle balle Carlo Imbonati, tranne quando è morto che allora lì cambia il disco, ci ha lasciato tanta di quella pila a me e a mia mamma, che allora io ho scritto in morte di Carlo Imbonati, dove Carlo mi appare in sogno e mi dice di conservar la mano pura e la mente, né proferir mai verbo che plauda il vizio o la virtù derida. Ciusca, sarò ben un bastardo.
Ecco. Resta da dire che uno dei paragrafi di Kammerspiel si intitola Manzoni: un pezzo di merda. E poi dentro al paragrafo di Manzoni non si parla affatto. Han tolto il pezzo su Manzoni, ma si son scordati cambiare il titolo. Che è una cosa che Paolo Colagrande, quando gliel’ho detta, lui mi ha detto che è vero, si eran scordati, però secondo lui forse alla fine così è anche più bello.