Le brave persone

venerdì 1 Giugno 2018

Sono andato a cercare una cosa di Camus, ne ho trovata un’altra, questa qua, dalla Peste:

«Non ha mai visto fucilare un uomo? No, certo, per certe cose, generalmente, ci vuole un invito e il pubblico è scelto in anticipo. Ne consegue che lei è rimasto alle stampe e ai libri. Una benda, un palo, e in lontananza qualche soldato. Be’, no. Sa che invece il plotone d’esecuzione si mette a un metro e mezzo dal condannato? Sa che se il condannato facesse due passi avanti urterebbe i fucili col petto? Sa che a quella distanza i soldati concentrano il tiro sulla zona del cuore e che, tutti insieme, con i  proiettili grossi, fanno un buco nel quale si potrebbe mettere un pugno? No, lei non lo sa perché sono dettagli di cui non si parla. Il sonno degli uomini è più sacro della vita, per gli appestati. Non bisogna impedire alle brave persone di dormire».

Era così bravo.

Margherita e Mario

mercoledì 24 Dicembre 2014

La sera del 24 dicembre ho insegnato a mia nipote, che ha due anni, e si chiama Margherita, a dire Zio campanaro, e lo dice benissimo, e poi un mio amico, che si chiama Mario, mi ha mandato un sms, cosa che fa tutti gli anni, per Natale, e quest’anno il suo sms natalizio diceva così: Il mondo d’oggi è composto per tre quarti di poliziotti o di ammiratori di poliziotti. A. Camus.

Per certe cose ci vuole un invito

domenica 13 Aprile 2014

Albert Camus, La peste

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ha mai visto fucilare un uomo? No, certo, per certe cose, generalmente, ci vuole un invito e il pubblico è scelto in anticipo. Ne consegue che lei è rimasto alle stampe e ai libri. Una benda, un palo, e in lontananza qualche soldato. Be’, no. Sa che invece il plotone d’esecuzione si mette a un metro e mezzo dal condannato? Sa che se il condannato facesse due passi avanti urterebbe i fucili col petto? Sa che a quella distanza i soldati concentrano il tiro sulla zona del cuore e che, tutti insieme, con i  proiettili grossi, fanno un buco nel quale si potrebbe mettere un pugno? No, lei non lo sa perché sono dettagli di cui non si parla. Il sonno degli uomini è più sacro della vita, per gli appestati. Non bisogna impedire alle brave persone di dormire.

 

[Albert Camus, La peste, Paris, Gallimard 1947, p. 226]

La bellezza, Renzi e Camus

mercoledì 18 Aprile 2012

Il nuovo libro di Matteo Renzi, che si intitola Stil novo (Rizzoli 2012, pp. 193, 15 euro), mi sembra molto difficile da riassumere. Si apre con un’epigrafe di Camus («La bellezza non fa rivoluzioni, ma viene il giorno che le rivoluzioni hanno bisogno di lei») e parla di molte cose: di bellezza, di Firenze, dell’Italia, dell’America, del mondo. Di Dante, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Savonarola. Dei fiorentini, dei toscani, degli italiani, degli americani. È pieno di frasi in un certo senso memorabili, come queste: «Scrivere di Firenze è difficile. Forse arrogante. Per qualcuno persino inutile». «Anche questa città, patria dell’arte e della cultura, si fa spesso raggiungere dalla mucillagine del banale». «Una sorta di Manhattan ante litteram? Sì e no». «Ovviamente, se ascoltate gli storici vi diranno che questa ricostruzione è parziale. Lo ammetto anch’io, sia chiaro. Ma non è che vi dovete preparare a un esame universitario: state assaggiando una città». «Ormai è maturo il tempo in cui l’Italia regolarizzi il servizio civile obbligatorio, la cui introduzione è stata richiesta da molte associazioni e dal settimanale “Vita”, la più autorevole testata del terzo settore in Italia». «Dobbiamo avere la forza di sconfiggere il pensiero debole dei poteri forti, o presunti tali». «Una città non è un ammasso casuale di pietre». «Diciamoci la verità, a Firenze ci sono cose meravigliose, che spaccano il pensiero». «Se vogliamo essere onesti, però, a Firenze non mancano nemmeno le autentiche cialtronate, che andrebbero proibite con un’ordinanza». «Sono sicuro che se Dante fosse in vita scriverebbe sul suo blog parole al vetriolo contro queste assurdità». Continua a leggere »

Ancora i cocomeri

lunedì 22 Febbraio 2010

camus

«Ma soprattutto, soprattutto, rifare a piedi, con lo zaino sulle spalle, la strada da Monte San Savino a Siena, costeggiare quella campagna di ulivi e di viti, di cui sento ancora l’odore, percorrere quelle colline di tufo bluastro che s’estendono sino all’orizzonte, e vedere allora Siena sorgere nel sole che tramonta con tutti i suoi minareti, come una perfetta Costantinopoli, arrivarci di notte, solo e senza soldi, dormire accanto a una fontana ed essere il primo sul Campo a forma di palmo, come una mano che offre ciò che l’uomo, dopo la Grecia, ha fatto di più grande. Sì, vorrei rivedere la piazza inclinata di Arezzo, la conchiglia del Campo di Siena e mangiare ancora i cocomeri per le strade calde di Verona. Quando sarò vecchio, vorrei che mi venisse concesso di tornare su quella strada di Siena, che non ha eguali al mondo, e di morirvi in un fossato, circondato soltanto dalla bontà di quegli italiani sconosciuti che amo».

[Albert Camus, Taccuini, cit. in Piergiorgio Bellocchio, L’Italia di Camus, in Al di sotto della mischia, Milano, Scheiwiller 2007, pp. 115-116]