La nostra Russia

venerdì 17 Dicembre 2010

La prima cosa che mi è venuta in mente dopo aver letto A Mosca, a Mosca!, il libro di Serena Vitale appena uscito per Mondadori (collezione Scrittori italiani e stranieri, 238 pagine, 19 euro), è stata una lettera di Gogol’, pubblicata nel 1847 nel volume Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici, nella sezione «Quattro lettere a proposito di Anime morte», e più precisamente la lettera in cui Gogol’ rievocava il momento in cui aveva letto a Puškin i primi capitoli del suo poema in prosa: «Quando cominciai a leggere a Puškin i primi capitoli di Anime morte nella loro forma primitiva, – scriveva Gogol’ – lui, che rideva sempre alle mie letture (gli piaceva ridere), cominciò a farsi a poco a poco sempre più accigliato, finché s’incupì del tutto. Quando poi la lettura terminò, disse con voce angosciata: «Dio, com’è triste la nostra Russia!».
Adesso, oggi, un’esclamazione del genere sarebbe forse, non so come dire, datata. Se qualcuno dicesse, in un negozio, o per strada, o sull’autobus: «Dio, com’è triste la nostra Russia», ci volteremmo probabilmente a guardarlo aspettandoci di vedere un originale, un signore magari con bastone da passeggio e papillon, e cilindro per cappello, e diamanti per gemelli, e gardenia nell’occhiello, magari, però, per quanto io non porti il bastone da passeggio, non abbia il papillon, non porti il cilindro e non porti gemelli e non solo non abbia fiori all’occhiello, ma non abbia di solito nemmeno l’occhiello, dal momento che non uso abitualmente né giacche né cappotti, ma degli altri capi di abbigliamento che non vale in questo momento la pena di specificare, per quanto tutto questo sia indubitabilmente vero, a me viene da dire: «Com’è triste la nostra Russia». Continua a leggere »