Amici

sabato 23 Ottobre 2010

L’altro giorno, in una mail a una mia amica le ho scritto «Mo mama», che è una cosa che dicono a Parma. Lei, che non è di Parma, mi ha chiesto cosa voleva dire. Allora io mi sono accorto che, in italiano, non lo so tradurre, «Mo mama».
Dopo, quel pomeriggio, sono andato in centro sono andato alla libreria Ambasciatori perché c’era la presentazione del nuovo libro di Oliviero Beha, lo presentava Morgan.
Avevo pensato che poteva essere forse un’occasione per una recensione, è un po’ di tempo che mi son messo a recensire le presentazioni, ho recensito quella, a Bologna, dell’ultimo libro di Walter Veltroni, ho recensito, al festival filosofia di Parma, quella del meridiano di Bevilacqua, magari anche da questa poteva saltar fuori qualcosa, avevo pensato.
Quando sono arrivato alla libreria Coop Ambasciatori, mi sono fermato fuori a finire di fumare la sigaretta che stavo fumando, ho visto un cartellone di Eataly, che è la catena che gestisce il ristorante e il bar e il negozio di alimentari che c’è dentro il complesso Coop Ambasciatori insieme alla libreria e ho letto questa frase qua: «Per prenotare la vostra regalistica aziendale scrivete a www.eataly.it». E, a leggere regalistica aziendale, non che l’abbia pensato, ma avrei potuto pensare “Mo mama”.
Dopo sono entrato appena dopo di me è comparso Oliviero Beha e ha detto, alla responsabile delle presentazioni della Coop Ambasciatori: «Morgan non viene». E lei ha detto «Lo so».
Oliviero Beha, l’avevo visto una volta che presentava un libro con Mogol (che come pseudonimo è simile, a Morgan, a pensarci), me lo ricordavo più alto. Al posto di Morgan c’era un sismologo famoso che io non avevo però mai sentito nominare (sono ignorante e non ho la televisione).
Dopo Beha ha fatto una foto con uno che gli aveva chiesto se poteva fare una foto con lui. Era un ragazzo di più trent’anni, già stempiato, con un giubbettino blu e dei denti piccoli, quando sorrideva scopriva le gengive e la faceva lui, la foto, un braccio intorno alle spalle di Beha e uno, allungato in avanti, a tenere la macchina fotografia e scattare. «La vuol fare anche al sismologo famoso?» ha chiesto Beha. «Ah, – ha detto il ragazzo, – se lui crede». Non l’hanno fatta.
È arrivato intanto Bonaga, mimando con le mani il gesto di accelerare. «Ero in motorino, – ha detto intanto che entrava e che mimava – dov’è Morgan?» ha chiesto. «Non c’è, – ha detto la responsabile delle presentazioni, – ha mandato un sms che è malato».
Dopo due minuti eran tutti sul palco, Beha, Bonaga e il sismologo, e Beha aveva già cominciato a parlare aveva detto che nel venire in libreria era passato da piazza Maggiore che c’era uno che arringava la folla che parlava «Indovinate di cosa?» aveva chiesto Beha. «Di Santoro!» aveva detto.
E mentre sentiva questo che parlava di Santoro, aveva detto, l’aveva chiamato sul cellulare una collega di un quotidiano del quale non faceva il nome per delicatezza che gli aveva chiesto un parere «Indovinate su cosa? Su Santoro!», aveva detto.
E aveva detto che era incredibile che con tutti i problemi seri che c’erano ci si occupasse di Santoro. E io avrei potuto pensare “Mo mama”, ma non l’avevo pensato, avevo pensato che da quella presentazione non sarebbe uscita nessuna recensione, e avevo preso in mano un libro, l’avevo aperto e avevo letto «Le donne americane si dividono in due categorie, quelle che sono felicemente sposate e quelle che fanno le arredatrici».
Intanto Beha aveva continuato a parlare di Santoro e aveva detto che in un paese serio non si sarebbe parlato di Santoro. “Mo mama”, avrei potuto pensare io, invece avevo preso in mano un altro libro, l’avevo aperto, avevo letto «Non si vive neppure una volta».
Dopo ero andato alla cassa, avevo detto che prendevo i due libri e intanto che pagavo Beha aveva detto che l’unico che traeva beneficio dal fatto che si parlava di Santoro era Santoro. E io avevo pensato «Forse Beha è amico di Santoro», e ero andato a casa.

[Uscito su Libero]