A Parigi con la Battaglia
Quando siamo partiti per Parigi, eravamo ancora in taxi, a Borgo Panigale, e la Battaglia, che è mia figlia, e ha nove anni, a Borgo Panigale ha detto «Comincia già a piacermi». Siccome pioveva era preoccupata che non ci facessero partire e quando ci han fatto salire sull’aereo che han detto di allacciarsi le cinture lei era così contenta, e dal seggiolino di fianco a sua mamma, c’era anche sua mamma, faceva finta di essere un’hostess parlava dentro il collo di una bottiglia di acqua minerale. Quando ci han dato da bere lei ha preso una coca e ogni venti secondi ripeteva «Freschissima questa coca». Parigi le è molto piaciuta, fin da quando l’ha vista dall’alto «Una città bellissima, però non vedo la Tour Eiffel». Lei voleva vedere tre cose, la Tour Eiffel, la Gioconda e Eurodisney e le abbiam viste tutte e tre, e le sono piaciute, ma non sono forse le cose che le sono piaciute di più, perché quel che le è piaciuto di più, forse, è stato quando siamo arrivati, che eravamo sulla navetta che dal Terminal G3 dell’aeroporto Charles de Gaulle ci stava portando al Terminal G2, lì c’era uno svincolo con una rotonda con in mezzo un’aiuola di quelle lì stradali, quelle terre di nessuno che non saprei come definirle che la Battaglia a vederla ha detto «Oh, che bel parco». E quando, sulla metropolitana, ha visto che c’era il disegno di un coniglio che metteva la zampa dentro le porte del treno che si chiudevano «Be’, – ha detto, – i francesi son proprio bravi, a fare i disegni». E le è piaciuta una faccia di donna dipinta sul muro, in Rue des Hospitalières, che era fatta di facce di uomini e di fianco c’era scritto «Nous avons grandi tous dans le corp d’une femme» (Siamo cresciuti tutti nel corpo di una donna). E le è piaciuto il parco giochi che c’è dietro Saint Eustache, dove al sabato e alla domenica fanno entrare solo i bambini, i genitori aspettano fuori, anche se per la Battaglia le torri, di quel parco giochi lì, erano uno po’ pericolose, «Non voglio che la mia vita finisca in un parco giochi», ha detto. E ci è piaciuta la vista dalla Tour de Montparnasse, dalla quale si vede la Tour Eiffel («Invece dalla Tour Eiffel, la Tour Eiffel non si vede», ha detto la mamma della Battaglia, e aveva ragione), e a me è piaciuta la mostra Modernità plurali (dal 1905 al 1970), che c’era al Centre Pompidou (e ci sarà fino a gennaio del 2015), e alla Battaglia non è piaciuto Picasso, «Oddio che brutto» (La femme nue au bonnet Turc), e molto le è piaciuto La fillette au chat noir (Marguerite) di Matisse, e a me è piaciuto Il quadrato nero di Malevič, che avevo già visto, e la prima volta che l’avevo visto non mi era piaciuto e avevo pensato «Ma questo son capace di farlo anch’io», e l’ho fatto vedere alla Battaglia che mi ha detto «Ma questo son capace di farlo anch’io», ma la cosa che mi è piaciuta di più, del viaggio di Parigi, è stato andare in giro con la Battaglia e con sua mamma e ricordarmi quel che scrive Schopenhauer nel Mondo come volontà e rappresentazione, che «L’origine prima di un nuovo individuo è il momento in cui i genitori hanno incominciato ad amarsi. Nell’incontrarsi e nel fissarsi dei loro sguardi appassionati si origina il primo germe del nuovo essere; questo nuovo individuo è, per così dire, una nuova idea platonica, fatta dalla passione che i futuri genitori provano l’uno per l’altro». E ero così contento, di girare per Parigi con quest’idea platonica della Battaglia, ma così contento che quant’ero contento non si può dire.
[Uscito su Vanity fair mercoledì 11 giugno]