A momenti

mercoledì 16 Gennaio 2013

A momenti pareva che così non si potesse più andare avanti… Tutti sarebbero morti una notte, congelati nelle case. Profonde erano le ferite che non rimarginavano per la carenza di grassi. Ogni minimo graffio marciva. Tutti avevano le mani fasciate di cenci, assolutamente luridi. Non c’era modo di sanare e di guarire. E la grande città, la città continuava a vivere. Viveva l’anima cittadina, l’anima collettiva, come un mucchio di carbone che arde sotto la pioggia. Uscendo dalle case buie (ah, il buio, poi, il nerofumo dei lucignoli, e l’attesa della luce!) ci riunivamo al teatro. Guardavamo il palcoscenico. Recitavano attori affamati. Scrivevano autori affamati. Gli scienziati lavoravano.

[Viktor Šklovskij, La mossa del cavallo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1967, pp. 29-30]