A me piacerebbe sapere cosa ne pensano all’istituto Gramsci

sabato 16 Aprile 2011

L’antologia degli scritti di Antonio Gramsci Odio gli indifferenti, prima uscita della collana Instant Book di Chiarelettere, è un libretto di piccolo formato, di poco più di cento pagine, con un prezzo contenuto (7 euro), e a prenderlo in mano ci si chiede se sia vecchio o nuovo. A prima vista, sembra un libro vecchio: i colori sono il bianco, il rosso e il nero delle edizioni di Gramsci degli Editori Riuniti, collana Le idee, ma non c’è, qui, quell’aria sovietica e burocratica che avevano quei libri lì della collana Le idee degli Editori Riuniti, che a vederli ti veniva in mente subito, come idea, un ufficio in via delle Botteghe oscure, o degli atti di un convegno della Cgil; in questa nuova edizione, invece, il rimando al passato è come mitigato da una grafica di copertina studiata molto attentamente; è un libro, brutta parola, accattivante, e ti vien voglia di aprirlo anche per capire cosa c’entri Gramsci con un Instant book, titolo della collana riportato a piè di pagina, se così si può dire, in una specie di bassorilievo, come a fingere che il libro sia stato composto in tipografia coi caratteri di una volta, che dovevano essere di piombo, se non mi sbaglio.
Ecco, questo titolo della collana, Instant book, unito al titolo del volume, Odio gli indifferenti, e a questa grafica così accattivante, che brutta parola, a me era sembrato più adatto a un libro di Lara Cardella (Detesto il soft, mi sono detto quando ho preso in mano Odio gli indifferenti) che a un libro di Antonio Gramsci.
Poi in copertina c’era anche un piccolo riassunto, stampato sempre con la tecnica del bassorilievo, delle cose dette da Gramsci nel primo dei pezzi qui antologizzati, un riassunto brevissimo, tre frasi: “L’indifferenza è vigliaccheria. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia”.
Ecco, queste tre frasi fanno pensare che Gramsci rispetti gli avversari; coloro, cioè, che, come lui, prendono parte, anche se contro di noi; coloro, cioè, che, comunque, non restano indifferente. Questo pensiero, però, è in un certo senso frustrato dalla quarta di copertina, dove, sotto una scritta rossa: Instant Book, seguita, sempre in rosso, dalla scritta: Antonio Gramsci (1891 – 1937), c’è un’altra frase, tratta dal libro, questa qui: “Quando discuti con un avversario prova a metterti nei suoi panni, lo comprenderai meglio… Ho seguito questo consiglio ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire”.
Ecco. Quello che si può pensare, a prendere in mano questo libro, è una cosa del genere: “Ma pensa te, Gramsci: odia gli indifferenti, e quelli che non la pensan come lui gli fanno schifo. Allora chi è va bene, a parte lui?”.
Ecco, la risposta, in un certo senso, si trova all’interno del libro, e la risposta è che, a parte lui, a giudicar da questo libro, non va bene nessuno.
A leggere Odio gli indifferenti, antologia che raccoglie, c’è da dire, solo pezzi giovanili, usciti sull’Avanti! tra il 1917 e il 1918 (e in più un discorso parlamentare del 1925 pubblicato, a suo tempo, dall’Unità), ci si fa un’idea, del pensiero di Gramsci, molto diversa da quella, sia pur vaga, che mi ero fatto io tanti anni fa leggendo Passato e presente nell’edizione del 1975 dagli Editori Riuniti, collana Le idee, che era un libro così meravigliosamente confuso, in cui Gramsci, dal carcere, continuamente si proponeva di andare a controllare, a verificare, a studiare, a rivedere, a riconsiderare.
Mi ha ricordato, questo Passato e presente degli Editori Riuniti (grafica di copertina di Bruno Munari), che ho ripreso in mano in questi giorni, un libro intraducibile in italiano, e infatti mai tradotto, Bespoleznoe iskopaemoe di Venedikt Erofeev, antologia dei suoi taccuini, dove si legge: “Ci sono lingue nelle quali non esistono parole e espressioni offensive, e neanche indecenti. Per i malesi, per esempio, l’offesa e l’ingiuria più grande è: «Non hai vergogna?»”. E mi ha anche ricordato un altro libro di appunti, di taccuini, tradotto, questo, ma ormai introvabile, I quaderni del dottor Čechov, dove si legge, a pagina 35: “Una brava persona si vergogna anche davanti a un cane”.
Invece, come dicevo, questo Odio gli indifferenti (progetto grafico di David Pearson) mi ha rimandato un Gramsci completamente diverso, convinto, per esempio, che i commercianti, in Italia, fossero, ai suoi tempi: “Poche migliaia di rottami sociali”, convinto che i romanzi italiani dei suoi tempi descrivessero solo “un immenso serraglio di mandrilli in fregola che si atteggiano a sentimentali”, convinto che la letteratura fosse “un circolo chiuso, ammorbante”, e che “il novanta per cento delle disgrazie che quotidianamente si rovesciano sull’infelice nostro paese, sono esclusivamente dovute ai funzionari amministrativi, che non compiono il loro dovere, che non hanno senso di reponsabilità”; convinto che Ponzio Pilato sia stato un “giudice eroico”, che “chi è scettico non ha il coraggio necessario per l’azione”, che la “giardiniera plebea è sempre la minestra più nutriente e più appetitosa appunto perchè preparata con le civaie più usuali”, che l’intransigenza sia “il predicato necessario del carattere”, che “gli incapaci, i malversatori, debbano venire eliminati”, che contro la burocrazia “Non c’è che il fuoco, il rogo, la rivoluzione”.
Mi ha ricordato, qui, Gramsci, tra l’altro, lo scrittore italiano Alberto Bevilacqua, che qualche anno fa, nella rubrica che teneva su un quotidiano, a un signore che gli chiedeva se “esistono luoghi dove la longevità è estrema”, rispondeva: “Certo, basta pensare al villaggio di Vicabamba, sperduto nelle Ande, al piccolo principato di Hunza, nel Kashmir, alle regioni montuose della Georgia”. E a un altro lettore, Giorgio Pighi, da Ivrea, che chiedeva cos’è il biofeedback, Bevilacqua rispondeva: “Il biofeedback traninig è una tencinca per raggiungere l’autocontrollo delle funzioni fisiologhice”. E a una signora di Volterra, Gianna Falcone, che gli scriveva: “Perdoni la domanda puerile, tutti parlano dei buchi neri ma nessuno sa spiegarmeli. Tutti si limitano a dirmi: un misterioso fenomeno cosmico”, Bevilacqua ripondeva: “La domanda non è affatto puerile. Il buco nero si forma in seguito alla scomparsa di una stella gigante rossa, una volta che questa ha esaurito tutta la propria energia nucleare. La foza di gravità impedisce all’immensa sfera di gas caldissimo di disperdersi nello spazio. Quando la stella si raffredda, la gravità attira il gas verso l’interno…”.
Un’ultima cosa: il curatore di questa nuova antologia degli scritti Gramsci, David Bidussa, in un’intervista a ilcannocchiale.it, spiega che questo «Non è un libro pensato dall’oggi al domani, è stato preparato in tre mesi».
Che son veramente tantissmi.


[Uscito ieri su Gli altri]