A destra
A scuola avevo parlato con i ragazzini, come al solito, ma quello che ne ricavai era forse qualcosa che già sapevo. “Io non lo so dove abito”, mi disse una ragazzina. Non sapeva qual era il suo paese: se Gragnano, Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità o Castellamare di Stabia, perché il quartiere in cui abita, Parco Imperiale, fa parte di Gragnano solo amministrativamente, ma poi, anche a causa della sua posizione sopraelevata e isolata, è ridotto a perfetto non-luogo, non nel senso antropologico di Augé, ma proprio nel senso letterale di “non-esistente”: periferico, sganciato, ma soprattutto senza un orientamento urbanistico, con strade che girano intorno ai palazzi di cemento e non portano da nessun’altra parte, non collegano a niente di esterno, come in un labirinto senza uscita.
A conferma di un tale labirinto senza nome e senza storia, conservo con affetto il racconto per iscritto fatto da un ragazzino, al quale avevo chiesto di descrivere il percorso che faceva per arrivare a scuola la mattina. Giovanbattista Bambace aveva scritto così: “Io per andare a scuola giro a destra fuori dal vico di casa mia poi a destra vado diritto a destra vado diritto prendo la strada per il Parco Imperiale vado diritto giro a destra vado diritto giro a sinistra poi diritto passo un vico poi giro a destra e sono arrivato”.
[Enrico De Vivo, Divagazioni stanziali, Verona, QuiEdit 2009, p. 50]