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Si ripete spesso che la situazione è oggettivamente rivoluzionaria, e che è solo il «fattore soggettivo» a fare difetto; come se la totale carenza della forza stessa che sola potrebbe trasformare il regime non fosse un carattere oggettivo della situazione attuale, e non occorresse cercarne le radici nella struttura della nostra società! Per questo il primo dovere che il presente ci impone è di avere sufficiente coraggio intellettuale per domandarci se il termine rivoluzione è altro che una parola, se ha un contenuto preciso, se non è semplicemente una delle numerose menzogne suscitate dal regime capitalista nel suo sviluppo e che la crisi attuale ci aiuta a dissipare. La questione appare empia, se pensiamo a tutti gli esseri nobili e puri che a questa parola hanno sacrificato tutto, compresa la vita. Ma solo dei sacerdoti possono pretender di misurare il valore di un’idea dalla quantità di sangue che essa ha fatto scorrere. Chi può dire se i rivoluzionari non hanno versato il loro sangue invano, come quei Greci e quei Troiani del poeta che, tratti in inganno da una falsa apparenza, si batterono per dieci anni attorno all’ombra di Elena?
[Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, a cura di Giancarlo Gaeta, Milano, Adelphi 2011 (9), pp. 13-14]