14 aprile 1927
Incomincio questo diario sperando che venga pubblicato in avvenire.
Io non son fatto per i diarii perché, quello che sento e che ho provato, mi piace tenerlo per me.
Però tenterò d’incominciare. Non son capace di non nascondere qualche cosa.
Ieri son stato a bere alla stazione. X un agitatore sindacale, ha giuocato con me a chi doveva pagare. Y e Z ne godevano senza alcun pericolo di rimetterci quattrini. In conclusione chi ha pagato di più sono stato io. La colpa di tutto sono stato io. Eravamo al centro. Io che non ho compagni da Baracca, sento ogni tanto il desiderio di averne. Perciò vedendo X, Y e Z, miei derisori, mi è venuto in mente di andare in carrozza con loro alla stazione per bere – (che scimunitaggine!) – ho fatto la proposta – l’hanno accettata. Abbiamo bevuto vari bicchierini in un bar. Di volta in volta che c’era da fare delle spese ce le giuocavamo fra me e X. Sono tornato a casa alle due di notte. Era quasi un anno che non rincasava così tardi per quelle sciocchezze. Oggi Ciarlantini l’ha saputo. Mi ha incominciato a dire che sono un imbecille ad andare con quella gente. X non è onesto, si guadagna anche i denari spettanti a chi manca il pane – almeno così ha detto Ciarlantini.
Ha trovato a ridire perché vado in certi posti.
Oh bella – che ho d’andare con le donne moderne?
Anche oggi ho fumato varie sigarette.
[Antonio Delfini, Diari, Torino, Einaudi 1982, p. 5]