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mercoledì 24 Giugno 2009

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Caro Jakov Semënovič,

1. Un uomo, presa la rincorsa, picchiò la testa contro il muro di una fucina con tanta forza che il fabbro mise giù la mazza che teneva in mano, si tolse il grembiule di pelle e, lisciatisi i capelli col palmo della mano, uscì in strada a vedere cosa fosse successo. 2. Qui il fabbro vide un uomo seduto per terra. L’uomo stava seduto per terra e si teneva la testa. 3. «Cos’è successo?» chiese il fabbro. «Ooh» disse l’uomo. 4. Il fabbro gli venne più vicino. 5. Interrompiamo il racconto sul fabbro e sullo sconosciuto e cominciamo un racconto nuovo sui quattro amici dell’harem. 6. C’erano una volta quattro estimatori dell’harem. Essi ritenevano che debba essere piacevole avere a disposizione otto donne tutte in una volta. La sera si ritrovavano e discutevano della vita dell’harem. Bevevano vino; si ubriacavano fradici; cadevano sotto la tavola; vomitavano. Faceva schifo guardarli. Si azzannavano le gambe l’un l’altro. Si chiamavano l’un l’altro con epiteti ingiuriosi. Strisciavano sul ventre. 7. Interrompiamo il racconto che li riguarda e cominciamo un racconto nuovo sulla birra. 8. C’era un barilotto di birra, e lì accanto stava seduto un filosofo e rifletteva: «Questo barilotto è pieno di birra; la birra va fermentando e diventa più forte. E anch’io vado errando con l’intelletto per vette superstellari e il mio spirito si rafforza. La birra è una bevanda che scorre nello spazio, e io sono una bevanda che scorre nel tempo. 9. Finché la birra sta racchiusa nel barilotto non ha dove scorrere. Se il tempo si fermerà anch’io mi alzerò. 10. Ma il tempo non si fermerà, e il mio scorrere è immutabile. 11. No, è meglio che anche la birra scorra liberamente, perché è contrario alle leggi della natura che stia ferma». E con queste parole il filosofo aprì il rubinetto del barilotto, e la birra riversò per terra. 12. Abbiamo raccontato abbastanza della birra; raccontiamo adesso del tamburo. 13. Il filosofo batteva su un tamburo e gridava: «Ecco, io produco un rumore filosofico! Questo rumore non serve a nessuno, anzi dà fastidio a tutti. Ma se dà fastidio a tutti vuol dire che non è di questo mondo. E se non è di questo mondo è dell’altro mondo. E se questo suono è dell’altro mondo continuerò a produrlo». 14. Il filosofo continuò a far rumore a lungo. Ma lasciamo stare questo rumoroso racconto e passiamo al successivo, silenzioso racconto sugli alberi. 15. Il filosofo passeggiava sotto gli alberi e taceva, perché l’ispirazione lo aveva abbandonato.

27 marzo 1937

[Daniil Charms, Casi, A cura di Rosanna Giacquinta, Milano, Adelphi 1990, pp. 133-134]