Una scheda

mercoledì 26 Ottobre 2016

L’8 dicembre, alla biblioteca di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, alle 18 e 30, faccio un discorso che si chiama Forlimpopoli (sottotitolo Le parole del 900) e mi hanno chiesto adesso una scheda e a me è venuto da scrivere che L’8 dicembre, alla biblioteca di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, alle 18 e 30, faccio un discorso che si chiama Forlimpopoli (sottotitolo Le parole del 900) e mi hanno chiesto adesso una scheda e a me è venuto da scrivere che Forlimpopoli (le parole del 900) è un discorso che parla di un periodo in cui, nelle case emiliane, si veniva svegliati, la domenica, dalle lucidatrici, in cui c’erano i bicchieri infrangibili, i telefoni a gettone, in cui i maschi andavano al bar, e costituivano la famosa clientela dei bar, in cui i barbieri si chiamavan barbieri, e le pettinatrici pettinatrici, in cui la domenica se suonava qualcuno al campanello di casa era probabile che fosse uno che ti veniva a vendere l’Unità a domicilio, e tu la compravi non perché ti interessasse l’Unità, ma perché ti sembrava bello quel gesto lì, di andare in giro a vendere un giornale senza guadagnarci niente, in cui la scuola dell’obbligo finiva alle medie, e alle superiori tutti si erano sentiti dire la celebre frase «Questa non è più la scuola dell’obbligo», in cui il lavoro in genere veniva pagato, abitudine strana, in cui la gente era talmente disperata che qualcuno si metteva a collezionare delle bottiglie mignon di liquori, e ne aveva tantissime, in cui le partite di calcio cominciavano tutte lo stesso giorno alla stessa ora, in cui fuori dalla stadio vendevano i ceci caldi, d’inverno, dentro dei cartocci di carta unta e gialla a pallini neri, e uno spruzzo di sale sopra, in cui una cubista era una pittrice con delle nostalgie dei primi del secolo, in cui i pediatri consigliavano il latte in polvere perché era il progresso, in cui quando era comparso il fax era sembrata la fine di tutti i problemi, come se non si dovesse neanche più lavorare, in cui gli uomini politici erano tutti avvolti in una specie di cappa grigia, e parlavano quasi tutti una lingua incomprensibile, e sembrava che dovesse andar bene così, in cui c’erano i mangiadischi che andavano a pile,e, per la maggior parte, chissà come mai, erano di colore arancione, in cui il lucido da scarpe sembrava una cosa della quale non si sarebbe potuto assolutamente mai fare a meno e in cui mio nonno, mia nonna, mio babbo, i miei morti, erano vivi.