Un forato o un coppo

domenica 31 Maggio 2015

Maria Sebregondi, Etimologiario

Giorgio Manganelli una volta ha detto una cosa che quando l’ho sentita mi è rimasta impressa e mi è tornata poi in mente tantissime volte: che i libri, ha detto Manganelli, non sono fatti di sentimenti, sono fatti di parole. A me sembra di capirla così bene, questa idea di Manganelli, e mi sembra che tutti quelli che scrivon dei libri guardino le parole con la cura e l’interesse con i quali uno che fa, mettiamo, il muratore, guarda un forato o un coppo. Ecco, questa attenzione per le parole, mi sembra sia il centro di un libro appena uscito per Quodlibet Compagnia Extra. L’autrice è Maria Sebregondi (traduttrice di Queneau e di Perec, membro dell’Oplepo, la versione italiana dell’Oulipo, inventrice dei taccuini Moleskine, c’è scritto nella nota biografica) e il libro è un piccolo dizionario in ordine alfabetico-bustrofedico (cioè si va dalla a alla zeta e poi si torna dalla zeta alla a) a partire da Allucinazione, la cui definizione è questa: «allucinazione s. f. (der. del s. m. «alluce», primo dito del piede) – attività fantasmatica degli alluci. Creature goffe e ipersensibili, da quando hanno perduto la loro antica funzione prensile e sono confinati nel buio delle scarpe, continuamente creano mutevoli visioni per farsi compagnia». Alla voce Orologio si legge: «orologio s. m. – strumento che informa delle ritmiche fluttuazioni dell’oro. Talvolta d’oro esso stesso, mirabile coincidenza tra sostanza e funzione, ci viene assegnato fin dall’infanzia affinché precocemente apprendiamo che il tempo è denaro». Alla voce Solitudine: «solitudine s. f. (derivato da «sol», quinta nota nella scala fondamentale di «do») – il suono costante a bassa frequenza, per l’appunto un sol (secondo altri un sol diesis calante), prodotto dalle centrali elettriche, un manto sonoro che avvolge la terra da circa un secolo. Raro sottrarsi; si è soliti coprirla con rumori più forti». Alla voce Semaforo: «semaforo s. m. – buco semantico. Un’assenza di significato riempita di colori e celebrata a ogni incrocio. Il triviale totem viene onorato con una sosta pensosa del viandante». Alla voce Ufficio: «ufficio s. m. (der. dell’inter. «uff» o «uffa») – il doveroso atto dello sbuffare. Per estensione: luogo preposto allo sbuffo individuale e/o collettivo, provvisto in genere di ampi e pazienti scaffali ove si archiviano stizza, noia e impazienza». Mi è venuto in mente, leggendo questo Etimologiario, un libretto di qualche anno fa, uscito per Fandango a cura di Matteo B. Bianchi, Il dizionario affettivo della lingua italiana, che è un dizionario composto dalle parole che un centinaio di scrittori hanno scelto come le loro parole preferite, e in particolare le parole scelte da Carlo Fruttero e Luciano Marrocu, mi son venute in mente. La parola preferita di Fruttero è Sfiga: «Dalle misere macerie lessicali del ’68 – scrive Fruttero, – emerge, unico fiore superstite, questo geniale termine di italiano “volgare”. La “s” privativa esalta la cosa negata, massimo bene dunque dell’uomo, origine del mondo. Un vero e proprio omaggio stilnovistico, che il Boccaccio avrebbe sicuramente usato e con ogni probabilità lo stesso Alighieri». Marrocu invece ha scelto Sì. « È la parola che preferisco e che uso spesso quando scrivo. , parola chiave dell’assenso, della condivisione, della generosità, dell’amore. (Orrenda, invece, l’associazione del con assolutamente, il capolaresco assolutamente sì. Un’espressione tra l’altro incongrua, mettendo insieme la granitica certezza di assolutamente – sempre sospetta di prepotenza e intolleranza – con la mitezza che si intuisce dietro il )». Ecco, io, adesso, quando mi capita di scrivere una mail o un sms che dice, semplicemente, «Sì», mi vien da pensare alla definizione di Marrocu, e alla mitezza del Sì, che c’era anche prima ma che io non riuscivo a vedere. Allo stesso modo, forse, d’ora in poi, quando vedrò un bambino piccolo penserò al neonato di cui parla Maria Sebregondi nel suo Etimologiario: «Neonato agg. – sottoposto alle radiazioni luminose del neon. Si applica per estensione ai soggetti appena venuti al mondo: folgorati da luce improvvisa, difficilmente riescono a riprendersi dal trauma».

 

[Uscito ieri su Libero]