Un altro pezzo

venerdì 23 Luglio 2010

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La moglie di Ciro Menotti si chiamava Francesca Moreali. Ciro Menotti invece si chiamava Ciro Menotti e veniva da una antica famiglia di Carpi, anche se lui era nato a Migliarina, come vedremo, che non è proprio Carpi, ma la famiglia, sua, era di Carpi Carpi, mi sembra, e inclusa fin dal 1200 tra le famiglie Civili e benestanti di Carpi. Anche se non si sono chiamati sempre Menotti. Nel 1200, scrive Mario Pecoraro nel libro Ciro Menotti, un uomo che fece l’Italia, nel 1200 la famiglia Menotti si chiamava famiglia Ubertelli; poi, non conosciamo la ragione, scrive Pecoraro, si son chamati Fassi, e verso la fine del 400 vennero chiamati Menotti Da un tal Bartolomeo Fassi soprannominato Menotto, o Minotto, per il suo vezzo di rispondere spesso M’è noto, m’è noto, a chi gli diceva qualcosa. E sembra che il Fassi Menotto, con chi insisteva a dirgli delle cose che lui sapeva già, perdesse spesso la pazienza e arrivasse sovente a dargli del Becero e del boccalone. Quest’ultima parte è un po’ una cazzata, me la sono inventata io. No lo dico perché delle volte, quando uno fa il mestiere di scrivere i libri, gli succedono delle cose strane. Che una volta, permettetemi una divagazione e una citaizone personale, una volta, dentro di un libro, io avevo scritto:

Una volta, qualche anno fa, prima ancora di laurearmi, sono stato in provincia di Bergamo a fare un seminario di lingua russa. È stato lì, in questa villa del settecento, che ho conosciuto la figlia di Silvan il mago.
La figlia di Silvan il mago mi diceva che vivere con un mago è una cosa impegantiva. Che i maghi, si vede, sono persone sensibili, così mi diceva la figlia di Silvan il mago. Che se te non gli presti attenzione, ai maghi, loro ci restano male, mi diceva la figlia di Silvan il mago.
Che Silvan, al mattino, quanto tutta la famiglia di Silvan il mago era riunita per far colazione, lui entrava in cucina, Silvan il mago, con il suo bel sorriso da mago Ho inventato una magia nuova, diceva. Ve la faccio vedere? diceva.
Allora, mi diceva la figlia di Silvan il mago, c’eran tutti i famigliari di Silvan che abbassavan a testa, sospiravano Che due maroni, dicevano piano tra i denti. Tutti i giorni una magia nuova, poveretti.
Gli scrittori, scrivevo, sono un po’ tutti come Silvan il mago, secondo me. Che io, i miei familiari, i primi tempi che scrivevo mi chiedevano di leggere i miei romanzi prima ancora che li finissi, dopo quando glieli davo li leggevano subito, mi telefonavano, Bello, quel romanzo lì, mi dicevano, Bellissimo, mi dicevano.
Adesso, ne ho appena finito uno, di romanzi, gliel’ho dato a Emilio, sono già dieci giorni, non mi dice niente. Appena mi vede si mette a cantare Una vita da mediano, di Ligabue.

Ecco. Avevo scritto questa roba qua e dopo, quando è uscito il romanzo, tre o quattro persone mi han chiesto: ma è vero che Silvan il mago tutti i giorni quando fa colazione lui entra in cucina, Silvan il mago, con il suo bel sorriso da mago Ho inventato una magia nuova, dice. Ve la faccio vedere? E è vero che tutti i famigliari di Silvan abbassan a testa, sospirano Che due maroni, dicono piano tra i denti. Tutti i giorni una magia nuova, poveretti, è vero? Mi chiedevano.

Oppure altri tre o quattro mi han chiesto Ma è vero che tuo fratello Emilio quando ti vede non dice niente si mette a cantare una vita da mediano, di Ligabue? È vero?

Che io lì, dire quello che è vero, è una cosa un po’ complicata, cioè vero è vero, in un senso, perlomeno a me me l’ha detto la figlia di Silvan il mago, però, in un altro senso, non è proprio vero vero vero da essere scolpito nel marmo sulla tomba di Silvan il mago, Qui giace uno che tutte le volte che faceva colazione i suoi familiari dicevano piano tra i denti Che due maroni. Oppure sulla mia Qui giace uno che suo fratello, quando lo vedeva, si metteva a cantare Una vita da mediano, di Ligabue.

E la stessa cosa per Bartolomeo Menotto, non è che sulla sua tomba, ammesso che abbia una tomba, che andiamo indietro, eh, quattrocento, secondo me han già fatto l’estumulazione, ma quando c’è stata, che ci sarà stata, non è che ci avessero scritto Qui giace uno che diceva sempre Becero e boccalone, che oltretutto, Becero e Boccalone, a pensarci, erano poi un lessico rinascimentale, invece il medioevo, chissà cosa dicevano, nel medioevo, forse papé papé satan aleppe, ma non lo so, di preciso, anche questa è un’ipotesi, che magari tra qualche giorno qualcuno mi incontra mi dice Ah, son stato a Carpi, l’altra sera, volevo chiederti, é vero che Bartolomeo Menotto diceva sempre Papé satan papé satan aleppe? Non lo so, non lo so se è vero, può darsi, ma può darsi anche di no. È un’ipotesi, è un pensiero, e un pensiero, a pensarci, non è fatto di niente, e uno, soprattutto oggi, in quest’epoca del libero pensiero, uno non lo sa, se fa bene o male, a produrre dei penseri. Cioè produce un pensiero, per così dire, dopo magari lo mette giù, cioè lo scrive, lo ripete, magari, ad alta voce, e dopo si dice Mah. Chissà se ho fatto bene, in questo periodo. Se ero nel rinascimento, o nel medioevo, soprattutto nel medioevo pensare doveva esserci soddisfazione, ma andiamo avanti.

[Dal discorso su Ciro Menotti letto ieri a Migliarina, di fronte alla casa di Ciro Menotti]