Tutte le cose che capisco

sabato 23 Maggio 2015

Al salone del libro di Torino, sabato scorso, ho fatto un incontro pubblico, in un posto che si chiamava Arena Bookstock, con un mio amico che si chiama Leo Ortolani e è l’autore di un celebre fumetto: Rat-Man. Di questo incontro ha scritto un giornalista che si chiama Davide Gambaretto, che ha cominciato il suo pezzo così: «“Io sono qui solo perché c’è anche Paolo. Visto che ormai ci vediamo poco, allora ho deciso di accettare”. Se ci fosse bisogno di ulteriore conferma, le parole di Leo Ortolani mettono in chiaro, fin da subito, che tipo di incontro sarà. Ortolani e Nori si conoscono da anni; cresciuti entrambi a Parma, sono ottimi amici. “Scherziamo sempre su chi sia il più famoso tra i due – racconta Nori – io forse l’ho battuto perché sono stato da Fazio, ma intanto mia figlia adora Rat-Man”». Nel tornare da Torino, domenica mattina, sul mio stesso treno, c’era una donna che lavora nell’editoria, della quale taccio il nome per delicatezza, che mi ha detto che, quando era partita, suo fratello, che sapeva che sarebbe andata a Torino al Salone del libro, le ha chiesto di portagli una ciocca di capelli di Leo Ortolani. Ecco: a me nessuno ha mai chiesto una ciocca di capelli, e è anche per quello che io, a Torino, all’Arena Bookstock, la cosa che io sono più famoso di Leo perché sono andato da Fazio non l’ho detta, e non l’ho detta perché non è vera. Leo è molto più famoso di me e io credo che sia giusto così e mi sembra anche bello il fatto che io, se devo dire il momento che son stato più famoso, il momento che il mio nome è entrato nei trending topics, cioè tra gli argomenti più dibattuti, è stato quando, un paio di anni fa, mi avevano dato per morto; che è un bellissimo modo, morire, secondo me, di diventare famosi. E prima di quello, il picco della mia notorietà c’era stato all’inizio del secolo, dev’essere stato il 2001 o il 2002, quando c’era una trasmissione televisiva che si chiamava, se non ricordo male, Passaparola, condotta da Gerry Scotti, e c’erano ventuno domande e ciascuna di queste domande cominciava con una delle lettere dell’alfabeto e il concorrente, una sera, doveva rispondere a un’ultima domanda, e la risposta cominciava con la lettera N, e la domanda era: «L’autore di Bassotuba non c’è». E la riposta ero io. E se il concorrente avesse indovinato avrebbe vinto una cifra che adesso non ricordo esattamente, ma tipo cento milioni di lire, e il concorrente aveva sbagliato e Gerry Scotti alla fine aveva detto che la risposta ero io e quella sera, avevo ancora il telefono fisso, sul mio telefono fisso erano arrivate tra le dodici e le quindici telefonate che mi avevano avvisato che ero diventato famoso. Io non ero tanto contento, diventare famoso è una cosa che mi ha sempre fatto un po’ impressione, così come mi fa impressione quando dicono che scrivo dei romanzi divertenti, mi sembra che parlino di un altro, come un altro mi sembra quello lì che a Torino avrebbe detto che lui è famoso perché è stato da Fazio e che usa delle parole come «adora»; che io, è vero che a mia figlia piace molto Rat-Man, però è falso che io abbia detto che «Adora Rat-Man», perché «adora» è una parola che io non uso mai perché non esiste in dialetto parmigiano. In dialetto parmigiano, mi dispiace, non si adora, ed è un posto, il dialetto parmigiano, dove succedono delle cose che mi sembra di capirle tutte.

[Uscito ieri su Libero]