Sempre ridicoli

domenica 27 Settembre 2015

Mercoledì scorso sono andato a Trieste a fare un discorso sul caffè dentro una manifestazione organizzata da illycaffè e da Corraini editore che si chiamava Coffeetalks; venerdì sono stato a Torino, al cimitero monumentale, al festival Torino Spiritualità a fare una lettura quasi integrale della Morte di Ivan Il’ič di Lev Tolstoj; sabato, oggi, da Torino vado a Santa Margherita Ligure a fare un discorso sulla punteggiatura nel contesto del primo Festival della punteggiatura e domenica, da Santa Margherita Ligure vado a Modena a presentare un libro per bambini in un festival della lettura per ragazzi che si chiama Passa la parola. Giovedì purtroppo non avevo niente da fare però c’era la riunione di condominio del mio condominio son stato lì; ecco io, quando mi chiedono che mestiere faccio di solito dico che scrivo dei libri, questa settimana il mio mestiere l’ho dovuto fare sui treni e nei ritagli di tempo ma non importa. Di queste quattro cose che faccio questa settimana, la più singolare, forse, quella che suona più eccentrica è il festival della punteggiatura, tant’è vero che un giornalista che mi ha intervistato mi ha chiesto «Perché c’è bisogno di un Festival come questo?», e io gli ho risposto che ero appena stato al Festivaletteratura di Mantova, la settimana prima, e dopo Mantova ero stato anche a Teramo al Festival della Follia, che son stati due festival secondo me molto belli ma non direi che ce ne fosse bisogno: se non ci fossero stati, credo che saremmo sopravvissuti, ho detto a quel giornalista, e la stessa cosa credo che valga per il Festival della punteggiatura e, in generale, per le nostre attività letterarie e giornalistiche, per le mie, per lo meno, ma se dovessi dire, tra tutte le cose che faccio questa settimana qual è, secondo me, la più sensata, io forse direi che è proprio il festival della punteggiatura, che a me fatto venire in mente un convegno al quale ero stato invitato nel 2001, un convegno organizzato dalla casa editrice Feltrinelli che doveva essere un’occasione per parlare, tra gente che scriveva dei libri, delle questioni che avevano a che fare con il nostro mestiere di scriver dei libri; dopo, tra l’invito e il convegno, c’era stato l’11 settembre del 2001 e il convegno, senza che io lo sapessi, era diventato un convegno dove ai convenuti si chiedeva di rispondere alla domanda «Come si deve scrivere, dopo l’undici settembre?». Che io mi ricordo che avevo pensato che se avessero fatto questa domanda a un cuoco, cioè se fossero andati da un cuoco e gli avessero chiesto «Scusi, come si deve cucinare, dopo l’undici settembre?», o se fossero andati da un carrozziere e gli avessero chiesto «Scusi, come si devono riparare le macchine, dopo l’undici settembre?», ecco io credo che quel cuoco o quel carrozziere, dopo dipendeva dalla loro educazione e dalla loro pazienza, ma io credo che avrebbero potuto reagire anche male. Allora, disponendomi a preparare l’intervento che dovrò poi leggere sabato mattina a Santa Margherita Ligure in questo contesto che suona un po’ ridicolo del Festival della punteggiatura io volevo dire di sì, che sono ridicolo, che mi occupo, da maniaco, di quelle cose terribili e ridicole che si chiamano libri la cui storia, come dice Giorgio Manganelli, «dentro di noi non si spegnerà mai; e sarà la storia della nostra libertà».

[Uscito ieri su Libero]