Sei mai stato su un pallone aerostatico?

lunedì 3 Agosto 2015

Benjamin Wood, Il caso Bellwether

Oscar stava per uscire quando Paulsen lo chiamò: «Sei mai stato su un pallone?»
Sulla soglia si voltò. «Prego?»
«Un pallone aerostatico. Ci sei mai stato?»
«No»
«Be’, dovresti. È l’esperienza più incredibile che si possa fare». Paulsen sbuffò con fare teatrale. «Dubito che un uomo possa affermare di avere vissuto veramente se non ha visto il mondo dall’alto di una mongolfiera. Si vede lontanissimo. Si respira l’aria. Tutto è tranquillo lassù, gli unici rumori sono il battito delle ali degli uccelli in mezzo alle nuvole e il sibilo del gas di tanto in tanto. Giuro, non capisci quanto è grande il mondo finché non vai così in alto. Quando da lassù vedi la tua casa, il vecchio pezzo di terra su cui hai camminato per tutta la vita, tutto questo…» – con le braccia indicò la finestra; dall’altra parte del vetro, i prati immacolati di Cedarbrook erano inzuppati di sole – «ti rendi conto di quanto sia insignificante. Da lassù, i college storici ed esclusivi sono escrementi di coniglio. Devi andarci, un giorno».
«Sì. Forse lo farò».
«Vacci questo fine settimana. Portaci quella tua ragazza; com’è che si chiama? La studentessa?»
«Iris», disse. Il nome gli rimbombò nella testa.
«Portaci lei. Non c’è nulla di più romantico. Io e Herbert non facevamo mai passare troppi mesi prima di andarci a fare un altro giro; non ci stancavamo mai».
«Non credo che la rivedrò tanto presto».

[Benjamin Wood, Il caso Bellwether, traduzione di Maurizio Bartocci e Valerio Palmieri, Milano, Ponte alle grazie 2015 (2), p. 69]