Quello che ha avuto in cambio

lunedì 19 Marzo 2018

E voglio finire con una pagina di un libro (scritto con Paola Tavella) di Anna Laura Braghetti, una brigatista che ha partecipato al rapimento di Moro e ha ucciso Vittorio Bachelet:
Ai funerali di Vittorio Bachelet – scrive la Braghetti, – la famiglia perdonò gli assassini, pregò per me. Adolfo Bachelet prese a girare per le carceri e a intrattenersi con i detenuti politici. Fu così che incontrò Francesca, e le chiese di me. Mi raccontava spesso dei figli e delle figlie dell’uomo che io ho assassinato, ma la domanda “Perché proprio mio fratello?” non era un ingombro fra noi. Da lui ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile. Quando si ammalò, trascorsi molto tempo con lui, e verso la fine mi disse: «io muoio, ma non ti lascio sola, perché per te c’è sempre mio fratello Paolo»”. Don Paolo è il cappellano della città universitaria.
Non sono andata ai funerali di Adolfo. Lo desideravo, ma in quella chiesa sarebbero potute esserci persone cui non posso imporre la mia presenza, per le quali io sono un insulto. Ho mandato una lettera senza firma per ringraziare Adolfo di avermi indicato la via della riconciliazione, mi hanno detto che è stata letta. Molti devono aver capito da chi proveniva. Ho poi telefonato a suo fratello, che ha voluto vedermi e mi ha regalato una statua della Madonna. L’ho affidata alla mamma di Francesca Mambro, perché con lei mi sembra al sicuro.
Mia madre è stata travolta da un’automobile sulle strisce pedonali mentre andava a prendere l’autobus. Era impiegata alle Poste. Aveva appena affidato me e mio fratello, usciti dall’asilo, a mio padre. Facevano in modo di non lavorare negli stessi orari perché uno di loro potesse sempre stare con noi. Fui io a girarmi indietro, mentre già trotterellavamo verso casa, e la vidi riversa sulla strada. Dissi a papà che la mamma era caduta, e mi sembrava che la sua testa fosse in una posizione strana. L’hanno portata all’ospedale ma è stato completamente inutile. Si chiamava Gina.
Recentemente sono stata invitata a parlare in Campidoglio a un convengo sul carcere organizzato dalla Caritas, e fra gli altri relatori c’era anche il figlio di Vittorio Bachelet. Ci siamo conosciuti. Mi ha parlato e mi ha detto che bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato. Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene.
Ecco, a me, questa pagina, ricorda quella poesia di Mariangela Gualtieri che a un certo punto dice: «Benedico ogni centimetro d’Amore ogni minima scheggia d’Amore ogni venatura o mulinello d’Amore ogni tavolo e letto d’Amore l’Amore benedico che d’ognuno di noi alla catena fa carne che risplende Amore che sei il mio destino insegnami che tutto fallirà se non mi inchino alla tua benedizione.».

[Letto l’altro giorno a Roma, a Libri come]