Prima e dopo la crisi

venerdì 15 Febbraio 2019

Tra il 1885 e il 1887 furono pubblicati a Parigi Guerra e pace, Anna Karenina, Infanzia e Adolescenza, Polikuska, La morte di Ivan Il’ič, le novelle del Caucaso e i racconti popolari. In pochi mesi, in poche settimane, si svelava ai nostri occhi l’opera di tutta una grande vita, in cui si riflettevano un popolo e un mondo nuovi /…/
Questi libri furono per noi quello che il Werther fu per la generazione precedente: lo specchio magnifico delle nostre capacità e delle nostre debolezze, delle nostre speranze e dei nostri terrori. Noi non ci preoccupavamo di accordare tutte queste contraddizioni, né soprattutto di fare entrare quell’anima multipla, in cui risuonava l’universo, in anguste categorie religiose o politiche, come hanno fatto quasi tutti quelli che, in questi ultimi tempi, hanno parlato di Tolstoj, incapaci di sciogliersi dalla lotta dei partiti, abbassando il livello delle loro passioni, alla stregua delle loro sette socialiste o clericali. Come se le nostre sette potessero dare la misura del genio!… E cosa m’importa che Tolstoj sia o no del mio partito? Cerco forse di quale partito fossero Dante e Shakespeare per respirare il loro soffio e assorbire la loro luce?
Noi non dicevamo, come i critici d’oggi: «Ci sono due Tolstoj, quello prima della crisi e quello dopo la crisi; uno è valido, l’altro no». Per noi non ne esisteva che uno e lo amavano interamente. Poiché sentivamo, per istinto, che in anime come quella tutto è coerente, tutto è unito.

[Romain Rolland, Tolstoj, traduzione di Giulia Passalacqua, Roma, Castelvecchi 2014, pp. 7-9]