Nota a Manuale pratico di giornalismo disinformato

venerdì 13 Novembre 2015

agguato all'incrocio

L’epigrafe viene da Iosif Brodskij, Conversazioni, a cura di Cynthia L. Haven, traduzione di Matteo Campagnoli, Milano, Adelphi 2015, p. 143;

lo scrittore della Guyana belga che, nel capitolo 2, è sempre stupito, è Sergej Dovlatov;

il romanzo che comincia con la frase «Ma quelli che scrivono sopra ai giornali, non gli capita mai che gli viene il dubbio che quello che scrivono son delle cagate?» di cui si parla al capitolo 5 è in un libro che ho scritto io che si intitola La banda del formaggio (Milano, Marcos y Marcos 2013);

la storia di Grande scelta di zingari è raccontata da Viktor Šklovskij nella Mossa del cavallo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1967, p. 109;

il  ritratto di Ermanno del capitolo 5 è molto simile al Ritratto dell’autore di Parliamo tanto di me di Cesare Zavattini (in Cesare Zavattini, I tre libri, Milano, Bompiani 1955 [18], p. 7);

la Piccola Daguntaj portatile di cui si parla sempre nel capitolo 5, è un libro che sembra avere una struttura simile a un libro che si intitola La piccola Battaglia portatile (Milano, Marcos y Marcos 2015);

la frase di Daniil Charms «Quando compri un uccello, guarda se ci sono i denti o se non ci sono. Se ci sono i denti, non è un uccello» viene da Daniil Charms, Disastri, Milano, Marcos y Marcos 2011;

l’intervista al barbiere del capitolo 6 viene da un’intervista a un barbiere romagnolo pubblicata sul numero 2 della rivista «L’accalappiacani» (Settemestrale di letteratura comparata al nulla, Roma, DeriveApprodi 2008, p. 19-47);

la citazione di Tolstoj che si trova al capitolo 6 («Per quanto gli uomini si sforzassero, radunandosi a centinaia di migliaia in un posto piccolo, deturpando la terra sulla quale si eran stretti, per quanto soffocassero la terra di pietre perché niente, in lei, nascesse, per quanto estirpassero ogni erba che spuntava, per quanto esalassero fumo di pietra, di carbone e di nafta, per quanto tagliassero gli alberi e cacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città») è l’inizio di Resurrezione;

l’idea che chi è contemporaneo è capace di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente, che si trova nel capitolo 6, è di Giorgio Agamben (espressa in Che cos’è il contemporaneo, Roma, nottetempo 2008, p. 14);

il fatto che Learco Pignagnoli è un filosofo di Campogalliano e San Giovanni in Persiceto, come si dice nel capitolo 7, si deduce dalla nota biografica delle Opere complete di Learco Pignagnoli di Daniele Benati: «Learco Pignagnoli è nato a Campogalliano e a San Giovanni in Persiceto. Lavora presso la ditta Scoppiabigi e figli, dove tiene dietro al loro lupo»;

il filosofo della Guyana belga che ha enunciato la teoria dell’assenzialismo che si trova nel capitolo 7 è Ugo Cornia;

l’idea della famiglia come la malavita, o il manicomio, o la prigione del capitolo 8 viene da Gianni Celati, La banda dei sospiri, Macerata, Quodlibet 2014, pp. 5-6;

la descrizione in 5 righe di Renata, al capitolo 8, è di Veronica Fusaro e viene dal Settimo quaderno della Scuola elementare di scrittura emiliana;

la descrizione della moglie del capitolo 11 è simile a una descrizione che si trova in Boileau–Narcejac, I diabolici, traduzione di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, Milano, Adelphi 2014, p. 16;

l’idea di una lettera scritta a macchina con una riga scritta a mano («Sì sì sì sì sì sì sì sì sì») che si trova nel capitolo 11 viene da una poesia di Blaise Cendras, Lettre, che ho trovato in Luciano Erba, I miei poeti tradotti, Novara, Interlinea 2014, p. 178;

l’opera numero 109 di Learco Pigangnoli che si trova nel capitolo 13 viene da Daniele Benati, Opere complete di Learco Pignagnoli, Reggio Emilia, Aliberti 2006, p. 49;

il cantautore della Guyana belga che, nel capitolo 13, rivolto a una ragazza che si chiama Shirley, tipico nome della Guyana belga, le dice «Shirley, you’re the reason to get out of bed before noon» è Billy Bragg (la canzone si intitola Greetings to the new brunette ed è la prima canzone del terzo album di Billy Bragg, Talking with the taxman about poetry, che è del 1986);

il romanzo a cui si allude nel capitolo 14, quello dove Ermanno Baistrocchi racconta che è morto, si intitola Siamo buoni se siamo buoni (Milano, Marcos  y Marcos 2014);

il romanzo di Daniele Benati di cui si parla nel capitolo 14, Silenzio in Emilia, è poi stato ripubblicato nella collana Compagnia extra della casa editrice Quodlibet di Macerata;

la storia del pittore che dipingeva le botteghe del centro di Bologna con dei dipinti che si chiamavano tutti Non era meglio stare a casa? è raccontata nel Repertorio dei matti della città di Bologna (Milano, Marcos y Marcos 2015);

lo scrittore russo del capitolo 15 che ha scritto la frase «Quando penso che la birra è fatta di atomi, mi passa la voglia di bere» è Vladimir Šinkarëv (si trova in Vladimir Šinkarëv, Maksim i Fëdor, Sankt-Peterburg, Krasnyj matros 1998, p. 9);

il verso del capitolo 16 sulla fitta sassaiola dell’ingiuria viene, probabilmente, da Confessione di un malandrino (così Renato Poggioli traduce Ispoved’ chuligana di Sergej Esenin, in Renato Poggioli, Il fiore del verso russo, Milano, Mondadori 1991, p. 541);

il poeta della Guyana belga che, nel capitolo 16, dice che «Se mai un poeta della Guyana belga ha un obbligo verso la società, è quello di scrivere bene», dice una cosa simile a una cosa che dice Iosif Brodskij, che la dice in Fuga da Bisanzio (traduzione di Gilberto Forti, Adelphi, Milano 2008 [8], p. 107) e in Conversazioni (a cura di Cynthia L. Haven, traduzione di Matteo Campagnoli, Milano, Adelphi 2015, p. 46);

il poeta che si chiama Velimir che, nel capitolo 17, dice che nel novecento non basta più il diario, ci vuole il minutario, è Velimir Chlebnikov;

la citazione di Arthur Schopenhauer del capitolo 16 viene forse dai Supplementi al quarto libro del Mondo come volontà e rappresentazione, a cura di Ada Vigliani, Milano, Mondadori 2000 (6);

il giornalista disinformato della Guyana belga che nel capitolo 22 dice che le parole usate per servire a qualcosa si vendicano è Giorgio Manganelli in Il delitto rende ma è difficile (Milano, Comix 1997, p. 13);

il critico della Guyana belga che, nel capitolo 31, ha scritto che il 50 per cento delle cose che diciamo non sono cose che diciamo ma cose che ripetiamo è forse Michail Bachtin (un’idea del genere si trova in Michail Bachtin, Estetica e romanzo, a cura di Clara Strada Janovič, Torino, Einaudi 1979);

il racconto dello scrittore della Guyana belga che il governo della Guyana belga aveva mandato a Pietrogrado nel 1917 e gli aveva chiesto però di passare per Vladivostok che viene riassunto nel capitolo 34 sembra un racconto che si intitola Il sogno e si trova in William Somerset Maugham, Storie ciniche, traduzione di Vanni Bianconi, Adelphi, Milano 2015, pp. 157-161.

Ecco.

E è l’una e ventotto della notte del 12 ottobre del 2015, a Casalecchio di Reno, e abbiamo finito.