Non so come dire

sabato 11 Maggio 2013

Recentemente sono stato in ospedale per un trauma cranico, ci sono rimasto per 25 giorni, e quando sono uscito tre settimane fa mi sono accorto che, a uscire dall’ospedale, tutti i giorni ti succede qualcosa che non ti ricordavi più che succedeva, come fare la raccolta differenziata, o andare in cantina, o salire su un autobus affollato, o su uno non affollato, o comprare dei libri usati, o andare nel tuo negozio preferito a comprarti una camicia e un paio di pantaloni, o andare in una libreria in centro, a Bologna, e collegarsi al loro wi-fi e guardare la posta elettronica; quando esci dall’ospedale, ho pensato, che ci sei stato magari un po’, tipo 25 giorni, ti trovi come prima, appena un po’ più magro, e completamente privo di abitudini, e, sembra brutto da dire, ma ci son dei momenti che ti vien da pensare che è una fortuna, essere usciti dall’ospedale, non c’è un giorno uguale a un altro e ci son dei pomeriggi, come oggi pomeriggio, che dopo mangiato fai un pisolo e ti vien da pensare «Che bravo, son stato, ho fatto anche un pisolo dopo mangiato». E siccome in ospedale ogni volta che facevo la cacca lo dicevo a un’infermiera («Ho fatto la cacca»), i primi giorni che son stato a casa, ogni volta che facevo la cacca, mi veniva da telefonare a qualcuno per dirglielo. E mi sono accorto di certe cose delle quali non mi ero mai accorto, per esempio che ogni tanto mi trovavo a cercare il cellulare, nelle varie tasche, come, tempo prima, cercavo le sigarette e l’accendino, nelle varie tasche, quando fumavo. E quando poi ho preparato i documenti per la dichiarazione dei redditi del 2012, «Forse mi sbaglio, – ho pensato, – ma mi sembra di essere definitivamente guarito». E ho avuto l’impressione, in queste tre settimane, che la mia vita, quel che facevo tutti i giorni, dal mattino quando mi svegliavo, alla notte quando andavo a dormire, fosse estremamente importante e probabilmente mi sbagliavo, perché io faccio una vita insignificante, ma, non so come dire, è uno di quegli sbagli che io vorrei continuare a sbagliarmi finché scampo.

[Uscito ieri su Libero (ho ricominciato a collaborare con Libero, trallallà)]