Insinuarsi nella società americana per poi dominarla

martedì 9 Febbraio 2016

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Il critico letterario H. Bruce Franklin ha scritto un bel libro in cui analizza la letteratura popolare americana dal periodo coloniale fino ai giorni nostri, compresa l’era della televisione. Una delle interessanti conclusioni a cui giunge Franklin è che tutta la letteratura popolare è attraversata da un tema ricorrente, molto vicino all’aspetto che hai appena evidenziato tu e che è riassumibile così: «Siamo sull’orla di una catastrofe e c’è un nemico terrificante che sta per annientarci. Ma alla fine arriverà un’arma super-potente o un supereroe a salvarci».
Questo genere di narrazione, da qualche anno, passa attraverso la televisione. Qualcosa del tipo che i russi stanno per conquistare il paese, allora alcuni liceali si rifugiano tra i monti e da lì organizzano la resistenza e cacciano l’invasore. Chi è il nemico in queste rappresentazioni? Di solito è qualcuno che nella realtà siamo noi a soggiogare. Un tempo, ad esempio, i nemici erano gli indiani. Nella dichiarazione di indipendenza, Thomas Jefferson condanna re Giorgio III per aver sguinzagliato contro gli americani «gli spietati selvaggi indiani, i cui metodi guerreschi sono ben noti e consistono nel massacro indiscriminato delle persone di ogni età, sesso e condizione». Jefferson era lì, sapeva perfettamente che in realtà erano gli europei gli spietati selvaggi: eppure le sue affermazioni non erano del tutto false. Piuttosto, lo irritava che mentre gli americani se ne stavano lì in pace gli spietati selvaggi osavano ribellarsi a loro, che li cacciavano dalle loro terre e gliele confiscavano, ammazzandoli brutalmente. Quel nemico è sempre presente durante tutto il periodo della conquista del territorio.
Più tardi lo spauracchio divenne la rivolta contro lo schiavismo: gli schiavi si ribelleranno, uccideranno gli uomini, violenteranno le donne e prenderanno il potere, ma tanto all’ultimo momento verrà qualcuno a salvarci. Nei decenni successivi, i nemici furono i cinesi. I coolie, com’erano chiamati allora, venivano prelevati dall’Asia e portati negli Stati Uniti per costruire le ferrovie. Costoro avrebbero poi aperto lavanderie e altre attività. All’epoca, quindi, il tema ricorrente nella letteratura popolare era: i cinesi vogliono prendersi tutto, hanno piani subdoli, sono centinaia di milioni, vogliono insinuarsi nella società americana per poi dominarla.
In un romanzo di Jack London, che pure era uno scrittore progressista, si ipotizzava di uccidere tutti gli abitanti della Cina con armi biologiche per impedire che dominassero il pianeta.

[Noam Chomsky con Andre Vltchek, Terrorismo occidentale, traduzione di Valentina Nicoli, Milano, Ponte alle grazie 2015, pp. 76-77]