Il vernacolo peggiore d’Italia

venerdì 9 Ottobre 2015

Sono appena usciti i primi due libri di una nuova collana alla quale, con la casa editrice Marcos y Marcos, pensavamo da qualche anno; la collana è ispirata a una celebre collana russa diretta da Maksim Gor’kij e intitolata «Vite di uomini illustri», una serie di biografie scritte da persone che, abitualmente, non scrivevano biografie, per esempio Michail Bulgakov, al quale era stata affidata la vita di Molière, o Viktor Šklovskij, che per Vite di uomini illustri è stato un meraviglioso biografo di Lev Tolstoj.
La collana italiana che è appena partita prende il titolo dall’opera numero 13 delle Opere complete di Learco Pigagnoli, che è un filosofo emiliano che ha scritto un solo libro che poi non l’ha scritto neanche lui (l’ha scritto Daniele Benati) e l’opera numero 13 fa così: «Opera numero 13. Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana, e poi anche te sei un po’ strano».
Ecco: per Il mondo è pieno di gente strana sono usciti da poco i primi due libri: Sono socievole fino all’eccesso (vita di Montaigne), di Ugo Cornia, e Il medico, la moglie l’amante (come Čechov cornificava la moglie-medicina con l’amante-letteratura) di Fausto Malcovati.
Nel libro di Cornia si racconta la vita di Montaigne partendo da Essais, l’opera di Montaigne nella quale si legge: «nessuna stagione mi è nemica, se non il calore intenso d’un sole sferzante… mi piacciono la pioggia e il fango, come alle anitre. Il cambiamento d’aria e di clima non mi dà alcun fastidio: qualsiasi cielo è per me lo stesso», e «È possibile evitare la debolezza e i mali della vecchiaia? Sì. Basta morire prima», e «Tutta la saggezza e i ragionamenti del mondo non si riducono che a questo, di insegnarci a non aver paura di morire»; la conoscenza di Montaigne attraverso il libro di Cornia porta il lettore a conoscere anche il miglior amico di Montaigne, Etienne de la Boétie, l’autore del Discorso sulla servitù volontaria, un’opera del 1576 nella quale si legge: «Vorrei solo capire come sia possibile che tanti uomini, tanti paesi, tante nazioni, a volte sopportino un solo tiranno che non ha altra potenza se non quella che essi gli concedono; che non ha potere di nuocere, se non in quanto essi hanno la volontà di sopportarlo». «La libertà – continua La Boétie, – è la sola cosa che gli uomini non desiderano affatto, o almeno così sembra, per la semplice ragione che se la desiderassero l’avrebbero», che per essere un pensiero del 1576 è un pensiero abbastanza stupefacente, come molti altri pensieri che si trovano in questo libro, come questo: «Montaigne (nel suo viaggio in Italia) trova che il papa parla un italiano che risente troppo del suo vernacolo bolognese, il peggiore d’Italia».
Se il libro di Cornia è illuminato da una simpatia per Montaigne che l’autore non sa e non vuole nascondere, la stessa cosa vale per Malcovati e per Čechov.
Nel Medico, la moglie, l’amante, Čechov è simpatico anche quando si lamenta («Conversazioni lunghe e sciocche, visite, postulanti, miseri guadagni di uno, due rubli, insomma una baraonda che fa venir voglia di scappare di casa. Mi chiedono soldi e non me li restituiscono, mi portan via libri, mi fanno perder tempo… Mi manca solo un amore infelice»), e quando poi trova l’amore felice, le lettere alla moglie Ol’ga sono una parte non indifferente dell’incanto di questo libro («Quando Ol’ga, in un momento di depressione, si chiede che senso abbia la su vita, Čechov le risponde: “Che cos’è la vita? È come chiedere che cos’è una carota. Una carota è una carota, di più non si sa”»). E resta in mente, alla fine della lettura, un’epigrafe di Vasilij Grossman che vale per Čechov e forse vale un po’ anche per Montaigne: «Čechov ha introdotto nei suoi racconti milioni di persone di tutte le classi, ceti, età da vero democratico, lo capite? Da vero democratico! Nessuno, neanche Tolstoj, ha detto con tanta chiarezza: noi tutti, prima di ogni altra cosa, siamo uomini, capite? Uomini, uomini, uomini. Solo in un secondo tempo siamo vescovi, bottegai, possidenti, operai. Gli uomini sono buoni o cattivi non in quanto vescovi o operai, ma in quanto uomini».

[uscito ieri su Libero]