Il parco Sandra Raimondo

mercoledì 27 Luglio 2016

Un’intervista: Clic

[cioè questa (grazie a Cristiano Antonino):]

1. “Repertorio dei matti della città di Parma”, un libro affascinante: il concetto di fondo sembra essere la contrapposizione tra la malattia psichiatrica narrata in senso astratto dai media e la concretezza di una quotidianità in cui siamo tutti, più o meno, matti. Una lettura corretta?

I Repertori dei matti della città di Bologna, Milano, Torino, Roma, Cagliari e Parma (e Livorno e Andria, che usciranno in settembre) sono dei libri che io curo ma che non scrivo io, sono scritti, ciascuno, da una ventina di abitanti della città della quale trattano; tra quelli che hanno scritto il Repertorio dei matti della città di Bologna c’era il direttore del servizio di diagnosi e cura della città di Bologna che, quando il libro è uscito, ha organizzato una presentazione con i suoi pazienti e una sua paziente mi ha chiesto «Ma perché non avete fatto il repertorio dei normali, della città di Bologna?», e ha detto che lei ne aveva scritto uno e ha chiesto se poteva leggerlo, e le abbiamo detto che eravamo curiosi di sentirlo e lei l’ha letto e era uno che si alzava, al mattino, faceva la doccia, si vestiva, faceva colazione, con dei biscotti al cioccolato era noiosissimo non c’è stato bisogno di dirlo, perché non avevamo fatto il repertorio dei normali, della città di Bologna. Del resto, mi sembra che da questi libri salti fuori anche quello che dici tu, che siamo, più o meno, tutti un po’ matti, in conformità con l’insegnamento della stupefacente Opera numero 13 di quel libro stupefacente di Daniele Benati che si intitola Opere complete di Learco Pignagnoli, che fa così: «Opera numero 13. Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana. E poi anche te sei un po’ strano». Secondo quel signore che è stato direttore del servizio di diagnosi e cura di Bologna, nel nostro libretto noi abbiamo cancellato un po’ il confine tra la normalità e la pazzia, e io sono rimasto di stucco quando, qualche mese dopo, durante la lavorazione del Repertorio dei matti della città di Roma, un partecipante ha letto questo matto: «Uno che si chiamava Nino B. stava nel padiglione 16 e quando gli dissero che volevano chiudere il Santa Maria della Pietà, l’ospedale psichiatrico di Roma, prese il direttore sanitario Tommaso L. e gli disse: “non puoi sapere quanto sia difficile per noi entrare fuori”.

2. Qual è l’aneddoto, dei tanti narrati, che ti ha più divertito?

A me piacciono tutti, cito, un po’ a caso, dai matti di Bologna:

Uno aveva fatto un incidente stradale mentre svoltava a sinistra, da via Matteotti in via Tiarini. Un motorino era andato a sbattergli sulla fiancata e gli avevano dato un concorso di colpa. L’assicurazione lo aveva retrocesso dalla classe uno alla classe cinque e lui ci era rimasto così male che per qualche settimana non era uscito con l’automobile. Poi si era detto che non poteva farne a meno, ma che non avrebbe mai più svoltato a sinistra. Ogni volta che doveva andare in un posto studiava meticolosamente l’itinerario in modo che potesse raggiungere la meta solo svoltando a destra. In breve tempo capì che poteva arrivare ovunque, al prezzo di dover fare lunghi giri, a volte partendo in direzione opposta alla meta, per poi aggiustarla a destra, poi a destra, poi ancora a destra, ma poi alla fine ci arrivava lo stesso. Dopo settimane di studio giunse alla conclusione che ogni punto di Bologna era raggiungibile da destra, tranne piazza Roosevelt.
Dai matti di Milano:
Un barbone senza gambe camminava sulle protesi, andava ad un angolo di via della Moscova, si toglieva le protesi e faceva l’elemosina. Un giorno, verso mezzogiorno, quando si era rimontato le protesi ed era andato al bar a mangiarsi un panino, questo barbone si è trovato davanti un tizio che diceva di avergli dato una moneta dieci minuti prima, quando lui non aveva le gambe. Come è possibile, diceva questo tizio, che lui prima non aveva le gambe, e ora al bar però le gambe ce le aveva? Si sentiva truffato, diceva il tizio, dal peggior truffatore, da uno che non aveva le gambe solo quando gli faceva comodo e doveva prender dei soldi, ma che poi, quando c’era da mangiarsi i panini, le gambe gli spuntavano fuori magicamente, e andava a spasso come tutti gli altri.
Dai matti di Torino:
Uno  che telefonava ai vicini per dire che dalla sua finestra   vedeva  un quadro storto e  per favore di drizzarlo, se no non riusciva a dormire.
Dai matti di Cagliari:
C’erano due, marito e moglie. Non avevano figli e non avevano amici. Passavano la settimana a lavorare, ma la domenica mattina indossavano il vestito bello, mettevano musica degli anni Quaranta sul giradischi e ballavano insieme nel salotto di casa.
Dai matti di Parma:
Uno che era assessore aveva proposto di cambiare il nome del parco Falcone-Borsellino in parco Sandra-Raimondo.

3. La cronaca internazionale, avrai letto dei fatti in Germania, ci racconta di una malattia mentale strumento di morte nelle mani di persone malvagie: come evitare questa deriva, questa marginalizzazione dell’essere umano con disagio?

Come evitare la cattiveria e la stupidità, non degli altri, la mia, è una cosa che non ho ancora scoperto. Una delle cose per me più difficile, che mi sforzo di fare tutti i giorni, è parlare con gli altri, che è una cosa che uno può pensare che non serva a niente, e probabilmente non serve a niente, è una goccia nel mare, e mi viene in mente quel che scrive Tolstoj, in un libro bellissimo che si chiama Che fare e che dice così: «Dicono: l’attività dell’uomo è una goccia nel mare. Una goccia nel mare!
C’è una leggenda indiana su un uomo che lasciò cadere una perla in mare e che, per recuperarla, prese un secchio e cominciò ad attingere l’acqua e a versarla sulla riva. Lavorò così senza sosta e il settimo giorno il genio del mare ebbe paura che l’uomo prosciugasse il mare e gli portò la perla. Se anche quel nostro male sociale che è l’oppressione dell’uomo fosse il mare, anche in questo caso per riavere quella perla che abbiamo perso varrebbe la pena di sacrificare la propria vita a prosciugare il mare di questo male. Il principe di questo mondo si impaurisce e si sottomette più facilmente del genio del mare; ma il male sociale non è il mare, bensì un fetido mondezzaio che siamo noi stessi a riempire con cura delle nostre lordure. Basterebbe solo tornare in sé e comprendere quel che stiamo facendo, cessare di amare le proprie lordure, perché il mare immaginario si disseccasse immediatamente e ci fosse possibile impadronirci di quella perla inestimabile che è la vita umana e fraterna» (la traduzione è di Luisa Capo).

4. Parma 2017 si avvicina: le prossime amministrative sono una pagina che si volta. Quale ruolo deve svolgere la cultura (nel senso alto del termine, non personalizzando il concetto) nell’ideazione della città che verrà?

Quando hanno chiesto a Iosif Brodskij qual è il compito di uno scrittore, lui ha risposto Scrivere bene, che mi sembra una risposta bellissima.

5. Sarai ospite della Festa di Liberazione: cosa ti attendi possa dare in futuro la sinistra cittadina? Quale apporto in uno scenario sempre meno accogliente?

Sul ruolo della sinistra nel futuro cittadino, e in generale sul futuro politico di Parma, non so cosa dire. Sono curioso di vedere cosa succederà alle prossime elezioni ma non saprei prevedere niente né saprei definire con una collocazione precisa gli attuali attori politici; in consiglio comunale, per esempio, Nuzzo, da che parte sta, a sinistra?
E prima di essere espulso dal gruppo di maggioranza era di destra? E uno dei consiglieri che, a me, quando parlano, sembrano più comprensibili, Ghiretti, è di destra? E Pizzarotti, invece, è di sinistra? Non saprei.
Per via di quello che tu definisci lo scenario, io ho l’impressione che lo scenario non sia dato ma sia da costruire; Parma, secondo me, è fatta dai parmigiani e io, siccome i parmigiani mi piacciono molto, credo che Parma continuerà a essere, con tutte le sue difficoltà e nonostante i disastri, piccoli e grandi, delle amministrazioni che si sono succedute in questi ultimi decenni, il posto bellissimo che è stato e che mi sembra che sia ancora.