Il fanale

sabato 25 Ottobre 2014

L’altra sera ho lasciato la bicicletta in stazione e quando sono tornato mi avevan rubato il fanale, un fanale alimentato da una dinamo che è una parola bellissima, dinamo, che ha dato anche il nome a diverse squadre di calcio dell’est europeo ma non volevo dir quello, volevo dire che il ladro ha dovuto trafficare abbastanza, ha tirato giù il parafango, ha svitato i freni, ha strappato il filo di rame che alimentava la dinamo che però quelli, parafango freni e filo di rame non me li ha mica rubati mi ha rubato solo il fanale che ha rischiato anche di farsi prendere che io, la bicicletta, la lascio davanti a un albergo, che essendo un albergo vicino alla stazione è un albergo che è sempre aperto e trafficato e, per me, la passione che il mio fanale ha acceso nel cuore di questo ladro è una cosa stranissima e io, forse qualcuno potrebbe pensare che ce l’ho con lui, non ce l’ho con lui, lo so, che i ladri ci sono e, siccome ci sono, è possibile che rubino anche a me, non è che possono sempre rubare a degli altri, e mi sembra di capire Maksim Gor’kij che quando succedeva che lo derubavano, più che essere dispiaciuto per il fatto di essere stato derubato era ammirato per la destrezza della quale aveva dato prova il ladro. Ecco, io, di ammirazione, non è che ci sia tanta destrezza, nel rubare un fanale di una bicicletta, e il sentimento che mi ha preso, quando mi sono accorto che mi avevan rubato il fanale, è stato di curiosità, un po’ come il protagonista di una poesia di Baldini che quando gli rubano in casa, che gli buttan per aria la casa, lui quando torna a casa rimette in ordine tutto e gli sembra che non manchi niente, però poi si chiede «Tutto questo casino per niente? Son venuti per niente? Figurati, quelli son della gente che la studia, prima di muoversi, vanno a colpo sicuro, loro qui hanno preso, che io non lo so, ma lo sanno ben loro, ed è un po’ che, a mia moglie non ho detto niente, ma quando non c’è, che esce, vado per tutta la casa, guardo, tocco, cerco di mettermi nei loro panni, dei ladri, cosa c’era qui che gli poteva piacere? E che adesso non c’è più? Delle volte faccio una prova, sto con gli occhi chiusi un bel po’, poi li apro di colpo, che così, secondo me, si vede meglio se qualcosa non è al suo posto, ho in mente anche di mettere giù su un quaderno, tutto, sino a un bottone, che non so ancora a cosa potrà servire, ma intanto, quando è tutto scritto, che poi loro, chissà, magari han preso una cosa che io non ci facevo nessun conto, che non sapevo nemmeno d’averla, e invece loro, per loro era un valore, solo che cercare alla cieca, ma cerco sempre, non ho pace, passano i giorni, delle volte dico: e scrivergli, se si potesse, ai ladri, una lettera, ma non si può, dove gliela mandi? O se no un volantino, porca puttana, non ci avevo pensato, davvero, un volantino, di carta colorata, lo lasci in giro, quello prima o poi lo leggono, scritto in grande, da dirgli: quello che è successo, non ne parliamo, non voglio indietro niente, adesso è roba vostra, ormai è fatta, chiuso, ma datemi soddisfazione, una domanda sola, che mi potete rispondere solo voi: cosa avete portato via? cosa m’avete rubato?». Così Baldini. Io invece lo so. M’han rubato un fanale della bicicletta.

[uscito ieri su Libero]