Il cadavere sott’aceto

sabato 16 Maggio 2015

Questa settimana mi sembra che abbian ricominciato a succeder le cose, per esempio un libro che ho scritto ha vinto un piccolo premio, e mi hanno telefonato per dirmelo e mi han fatto dei complimenti e io ho reagito come reagisco sempre quando mi fanno dei complimenti, che quando mi fanno dei complimenti io penso, sempre, «Certo certo», e nella mia testa mi dico «Voi mi fate dei complimenti perché non mi conoscete, che se mi conosceste, altro che complimenti, che ci sarebbe da farmi».
E subito dopo, appena messo giù il telefono, mi son messo a scrivere a penna e mi è successo come mi succede spesso quando scrivo a penna che quando scrivo a penna, io, quando prendo degli appunti, che vedo la mia grafia, mi dico «Ma guarda che bella grafia. Ma chi è che scrive così bene, ma sono io?». E mi do un bacio sulle mani pensando che son proprio io, a scriver così, e mi rimetto a lavorare con impegno per essere degno di me, come diceva Cesare Zavattini.
Poi, sempre questa settimana, sono andato a Salerno dove dovevo fare un incontro all’università e lo dovevamo fare in un’aula che però non l’abbiamo potuto fare lì perché l’aula era chiusa e non c’era nessuno che aveva le chiavi e allora l’abbiamo fatto in una biblioteca e il tema dell’incontro era «Il libro che non ho scritto» e io ho parlato per un’ora di un libro che non ho scritto e che probabilmente non scriverò mai e mi è venuto in mente un racconto di Ernesto Ragazzoni che si intitola Le mie invisibilissime pagine dove Ragazzoni, che era un poeta bravissimo dell’inizio del secolo scorso, ha raccontato un po’ dei libri che non ha scritto per esempio dei gialli intitolati Il teschio che morde, Lo stagno dei miasmi di stricnina, Il delitto della principessa tatuata, I fabbricanti di colera, I divoratori di dinamite, Il cadavere sott’aceto, Il francobollo maledetto, Il Sherlock Holmes automatico, che già come titoli sono titoli bellissimi, secondo me. E mi è venuto in mente di quando, una ventina di anni fa, sono andato alla libreria Feltrinelli di Parma a chiedere se avevano i libri di Ragazzoni e il libraio mi ha portato nella sezione dei libri sulle automobili perché pensava che volessi un libro di Clay Regazzoni, il pilota. E dopo, quando ho finito l’incontro, lì a Salerno, sono andato per prendere il treno e mi son trovato nel piazzale della stazione davanti a un albergo dove, quindici anni prima, avevo dormito una notte per via che ero a Roma, dovevo tornare a Bologna, ero arrivato a Roma Termini di corsa aveva preso il treno al volo, mi ero seduto, contento, nel mio posticino, mi ero messo a leggere, dopo un’ora e mezzo il treno si era fermato, «Bene», avevo pensato, siamo a Firenze, poi era ripartito, dopo un’ora circa aveva rallentato per fermarsi ancora io mi ero alzato per scendere avevo visto il cartello SALERNO, mi ero detto, nella mia testa, «Cosa ci fa il cartello SALERNO alla stazione di Bologna?», mi ero avvicinato all’uscita, avevo visto un altro cartello SALERNO, «Ma pensa te, – avevo pensato, – non son neanche capaci di mettere i cartelli come si deve», il treno si era fermato, ero sceso, c’era un gran caldo, solo lì, sul marciapiede della stazione, per via del caldo avevo capito che non ero a Bologna ero a Salerno. Allora avevo telefonato a casa, avevo detto che sarei arrivato il giorno dopo ma non prestissimo, nel primo pomeriggio.

[Uscito ieri su Libero]