I più belli del mondo

sabato 22 Agosto 2015

L’altro giorno ho sentito una sottosegretaria che diceva che in Italia ci sono «I musei più belli del mondo», e io mi ricordo che ho pensato che una che diceva così doveva esser stata in giro per il mondo, prima di dire una cosa del genere, e mi son chiesto se era stata al museo russo di San Pietroburgo che è, nella mia testa, il museo più bello che ho visto, e se c’era stata cos’era successo, mi sono chiesto, non le era piaciuto? Come mai? E ho pensato che, per me, non sono sicuro che sia vero, che in Italia ci sono i musei più belli del mondo, ma, anche se fosse vero, sentirlo dire da un’italiana, sottosegretaria, oltretutto, era una cosa che mi sembrava leggermente ridicola; come quando gli italiani dicono che in Italia c’è la costituzione più bella del mondo che io, la costituzione italiana, fin dal primo articolo, «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro», io, se fosse per me, lo cambierei con un articolo che dicesse che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul riposo, che, prima di tutto, riposarsi è una cosa bella e dirlo per legge mi sembra sensato, poi noi italiani, adesso è difficile parlare in generale di come siam fatti noi italiani, ma una caratteristica che forse è un po’ italiana è quella di provare sempre a fare il contrario di quello che dicon le leggi, fatta la legge trovato l’inganno, come si dice, quindi se mettessimo nella legge fondamentale dello stato un elogio al riposo, al dolce far niente, come si dice, io credo che potrebbe venirne fuori qualcosa di buono, forse, chissà, ma non volevo dir quello, volevo dir che l’Italia, adesso a me piace parlare un po’ male dell’Italia, e anche dei sottosegretari, ma l’Italia, io ultimamente ho conosciuto un po’ di gente che è andata a abitare a Berlino, adesso va di moda Berlino, qualche anno fa andava di moda Barcellona e infatti conoscevo della gente che era andata a abitare a Barcellona, poi, dopo, non so, Lisbona, Parigi, ho conosciuto un po’ di gente che erano andati a abitare a Lisbona, o a Parigi, ma a me, a pensarci, non m’è mai venuto in mente di andare a abitare definitivamente né a Berlino, né a Barcellona, né a Parigi né a Lisbona né a San Pietroburgo, e non per i musei, né per la costituzione, forse un po’ per la lingua. Che io non lo so, come sarebbe, svegliarsi al mattino sapendo che quel giorno intorno a te, per strada, non ci sarebbe stato l’italiano ma, per esempio, lo spagnolo, che è una lingua, non ho niente contro lo spagnolo, però l’italiano, per me che sono italiano, come lo spagnolo per uno che è spagnolo, mi immagino, son delle cose che, è come quando hai una chiave che non apre bene, che tutte le volte che torni a casa ci metti un po’ a aprire la tua porta di casa, che ti viene un nervoso, ecco, usare una lingua che non è la tua sarebbe un po’ la stessa cosa ma moltiplicato per un milione. Mi ricordo, non c’entra niente, ma mi ricordo Céline che dicevano che quand’era in Danimarca che sentiva, per radio, parlare francese, scoppiava a piangere, ecco io credo, non c’entro niente con Céline, ma credo di capire quel sentimento lì e ho l’impressione che se avessi abitato, gli ultimi dieci anni, a Berlino, io tutti i giorni avrei avuto in gola quella voglia di piangere, quel senso di soffocamento per la mancanza di quella che il poeta russo Osip Mandel’štam chiama «La più dadaistica delle lingue romanze», che io quando l’ho letto ho pensato «Ma che bello».

[Uscito ieri su Libero]