Eccetera eccetera

domenica 3 Aprile 2016

Il Nullismo B (1)

Io, per esempio, recentemente avevo letto quel libro che avevo comperato a Reggio Emilia, quando mi ero riposato dal congresso anarchico ed ero andato a fare un giro in centro. Quel libro lì era un libro pubblicato dalla casa editrice che doveva pubblicare il mio secondo romanzo, pensavo, in gennaio. Ne avevo scritti tre, di romanzi, non ne avevo pubblicato neanche uno. Aveva un titolo, quel libro lì, che secondo me non mi piaceva. Poi avevo sentito al telefono l’editore.
Mi aveva detto, l’editore, Ho letto le bozze del tuo nuovo romanzo: la scrittura è uguale al primo e al secondo. Eh, gli avevo detto, il protagonista è lo stesso, l’autore è lo stesso, per forza la scrittura è la stessa, gli avevo detto. Son già tre romanzi che scrivi così, mi aveva detto, cosa vuoi fare, mi aveva chiesto, una saga? Eh, gli avevo detto. Mi piacerebbe, mi aveva detto, che tu scrivessi qualcosa di nuovo, prima o poi. Guarda per esempio questo libro, mi aveva detto, quello che il titolo non ti piace. Quello, mi aveva detto, è il libro più bello che ho mai pubblicato. È bellissimo, quel libro lì, mi aveva detto. È bravissimo, mi aveva detto, quello scrittore. L’avevo letto.

Il libro era la storia, raccontata in prima persona, di un giovanotto di una famiglia per bene di una città emiliana, un ragazzo che sta malissimo, poveretto. Era un romanzo che lo si poteva sintetizzare abbastanza rapidamente, che diceva, in sostanza, questo ragazzo:

Oddio come sto male. Sto malissimo. Cristo, come sto male. Pensare che sono un così bel ragazzo. Solo, sto malissimo. Peccato che sto così male. Guarda che bella ragazza. Dev’essere proprio una ragazza per bene. Sarebbe bello, innamorarmi di lei. Invece, sto malissimo. Sto maledettamente male. Quasi quasi mi faccio un’anfe. Guarda, che gente. Che disgusto. Non vedono che sto male? Non dovrebbe, uno come me, stare così male. Uno così bello. Quasi quasi mi faccio un acido. Guarda che gente. Non capiscono niente. Sempre a pensare ai soldi. Come mai non si accorgono che sto così male? Dio, che male, Cristo. I miei sono anche divorziati. Porca puttana. Quasi quasi telefono alla mia ex. Ciao, come stai? Male? Anch’io! Ci vediamo? Ok, dài. Oddio come sono eccitato.
Ciao, vieni di là, che facciamo quattro scatti. Perché? Come perché? Perché ti amo. Anche tu? Bene. Dài, vieni.
Ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah aaah aaaah aaaaah aaaaaaaaaaaaaaaaaaah.
Cazzo, come sto bene. Anche tu? Figa, come sto bene. Anche tu? Bene. Adesso vai, che voglio stare da solo. No, non chiamarmi, ti chiamo io. No, lasciami stare. Cosa? Cos’ho detto, io? Che ti amo? No. No, non ti amo. Tieni giù quelle mani. Sto male, lasciami stare. Come? Ti faccio schifo? Chissenefrega. Vai via. Oddio come sto male. Cristo. Forse, la psicoanalisi. Oddio. Sono due anni che non do degli esami. Quasi quasi mi calo. Oddio. Perché sto così male? Quasi quasi mi ubriaco. Dio, che gente di merda. Perché capitano tutte a me? Mamma, mamma, dove sei? Cristo. Che disgusto. Un tiro di coca? Quasi quasi…

Dopo che lo leggevo, decidevo di continuare a scrivere i miei libri nello stesso modo, il terzo uguale al secondo, il quarto uguale al terzo, eccetera eccetera.

[Spinoza, nuova edizione, esce in gennaio per Marcos y Marcos]