Di niente

giovedì 21 Maggio 2015

Buongiorno. Si sente?
Grazie.
Sono molto contento che mi abbiate chiamato a parlar di Raffaello Baldini, mi dispiace soltanto che io, di Raffaello Baldini, non ne so niente, o quasi niente, comunque, proviamo.
Io, la prima volta che ho visto Baldini l’ho visto a Mantova, dev’essere stato il 2000, eravamo al festival letteratura, e l’ho sentito leggere le sue poesie prima in dialetto e poi in italiano, nelle sue traduzioni che lui chiamava traduzioni di servizio e che a me sembrano delle traduzioni esemplari.
E la prima poesia che gli ho sentito leggere è una poesia che si intitola luglio e che fa così:

Luglio

Il nove luglio, una domenica, dovevano essere le cinque del pomeriggio, a Ciola, proprio in cima, alla casa di Baròus, ma di dietro, nell’ombra, tra la siepe, che di là cala giù dritto nel fondo di Lasagna, e il muro, che era tutta una verdura, con un venticello che faceva ogni tanto un po’ di tramestio fra le canne, a un tavolino giocavano a tressette e tenevano i sassi sulle carte perché non volassero via. E quando a quello di mano gli è venuta la cricca di coppe e tre tre senza denari, s’è gonfiato un po’, ma zitto, non s’è fatto capire, s’è accomodato sulla sedia, poi è uscito con l’asso, e non diceva ancora niente, ma dalla contentezza ha dato una botta sul legno che nei bicchieri il vino ha tremato tutto, e la cicala sul ciliegio ha taciuto di botto dalla paura. L’aria allora è diventata così leggera che sul crocicchio s’è sentito pigolare il campanello arruginito di una bicicletta, e laggiù, ma lontano, volare un aeroplano sopra il mare.

Ecco. Qualche anno dopo, per un’edizione di un festival che si chiama Torino spiritualità, Caterina Fossati mi ha chiesto di scrivere un decalogo, i dieci comandamenti, e io ho scritto una cosa che è questa qua:

1. Quando ti svegli al mattino potrebbe essere utile ricordarti che hai delle mani.
2. Hai presente quando viene a casa tua un ospite, che non è mai stato nella tua città, magari straniero, hai presente tutta l’attenzione, tutta la cura che metti nel farlo star bene, nell’aiutarlo, nello spiegargli le cose, come funzionano, nell’accompagnarlo? Quest’attenzione e questa cura potrebbe essere utile usarla con tutte le persone che conosci.
3. Potrebbe essere utile pensare ai tuoi morti, tutti i giorni.
4. Ognuno fa come vuole, ma è possibile che si stia molto meglio senza guardare la televisione e senza leggere i giornali e senza ascoltare la radio. Prima di farlo, ci si potrebbe preoccupare di come riempire il tempo; dopo averlo fatto, ci si dovrebbe accorgere che il tempo ha questa caratteristica, che si riempie da solo.
5. Può darsi sia utile ricordare una cosa che ha scritto Søren Kierkegaard, abbastanza famosa, anche se un po’ lunga: «Sposati e te ne pentirai, non sposarti e te ne pentirai lo stesso; sposarsi o non sposarsi, te ne pentirai comunque; sia che ti sposi o che non ti sposi rimpiangerai tutto. Ridi delle assurdità del mondo, e te ne pentirai; piangi sulle assurdità del mondo, e te ne pentirai; ridi o piangi, te ne pentirai lo stesso; sia che tu rida di esse o che tu pianga per esse lo rimpiangerai comunque. Dai fiducia ad una ragazza e te ne pentirai; non dare fiducia a una ragazza e te ne pentirai ugualmente; le dai fiducia o non le dai fiducia te ne pentirai in entrambi i casi; sia che le dai fiducia o che non le dai fiducia lo rimpiangerai. Impiccati e te ne pentirai; non ti impiccare e te ne pentirai, ti impicchi o non ti impicchi, lo rimpiangerai; sia che ti impicchi o che non lo fai, lo rimpiangerai comunque».
6. Quando ti sembra di fare qualcosa di inutile, che non serve a niente, prima di smettere può forse essere utile pensare a questa cosa che ha scritto Raffaello Baldini: «se dovessimo buttare via tutto quello che, tutto quello che non serve a niente, non si può, neanche a volerlo, non si può, uno sguardo, per dire, incontri una bella ragazza, la guardi, a cosa serve? Alla televisione stai a vedere i campionati europei d’atletica, i cento metri, i duecento metri, il salto in alto, a cosa serve? O quando vengo giù dalla Marecchia, che è già notte, vedo San Marino e Verucchio che è tutta una luce, e sopra le stelle, delle volte mi fermo, si sentono tanti di quei grilli, a cosa serve?». O, in alternativa, a questa cosa di Edmond Rostand: «Cosa dite? È inutile? Lo so. Ma non ci si batte nella speranza del successo. So bene che alla fine mi metterete sotto; non importa. Io mi batto, io mi batto, io mi batto».
7. C’è una poesia di Velimir Chlebnikov, molto breve, che può essere utile imparare a memoria, fa così: «Poco, mi serve, / una crosta di pane, / un ditale di latte, / e questo cielo, / e queste nuvole».
8. C’è anche un’opera di Learco Pignanoli, che può essere utile imparare a memoria, è l’opera numero 138, e fa così: «Opera n. 138. I figli dei notai che diventano notai, degli attori che diventano attori, dei musicisti che diventano musicisti, dei giornalisti che diventano giornalisti, degli industriali che diventano industriali, dei dottori che diventano dottori, degli architetti che diventano architetti, degli avvocati che diventano avvocati, degli ingegneri che diventano ingegneri. Ma andatevela a prendere nel culo».
9. Ce n’è anche un’altra, la numero 122, che, ripetuta in certi momenti, può darsi produca degli effetti inaspettati. È questa: «Opera n. 122. È già un po’ di anni che non vedo più un uomo assorto nei suoi pensieri».
10. Ma forse no.

Sono molte, le poesie di Baldini che parlano di cose inutili, cioè, in sostanza, di niente.

[Inizio di Coso, discorso su Raffaello Baldini]