Crowdfunding

sabato 10 Maggio 2014

Devo avere già scritto, forse proprio in questa rubrica, che ci son delle parole, come il sostantivo «felicità», o il verbo «amare», o il sostantivo «benessere», o l’aggettivo «mirabolante», che non uso mai, e quando mi è venuto da chiedermi come mai, non le uso, e come mai invece mia figlia le usa, mi è venuto da rispondermi che dipende dal fatto che sono parole che, in dialetto parmigiano, non esistono, e la mia lingua madre, a pensarci, è l’italiano ma l’italiano che si parlava a Parma negli anni sessanta, che era molto impastato con il dialetto e a Parma, i parmigiani, allora, non dicevano «Ti amo», dicevano «At voj ben» (Ti voglio bene), non dicevano «Essere felici», dicevano «Stèr ben» (Stare bene), non dicevano «Benessere» o «Mirabolante», non dicevano niente (benessere e mirabolante sono concetti, mi sembra, che in dialetto parmigiano non esistono).
Allo stesso modo, mi sembra, ci son delle abitudini e dei comportamenti, nati in questi ultimi anni, che mia figlia, probabilmente, quando ci si troverà davanti, capirà benissimo e che io invece non capisco.
Per esempio ogni tanto, per posta elettronica, mi arriva un invito a finanziare un film , un libro o un disco. È una cosa che si chiama, se non sbaglio, Crowdfunding e che, se non ho capito male, funziona così: uno che vuol fare un film, un libro o un disco si rivolge ai suoi lettori, spettatori o ascoltatori e chiede i soldi a loro.
Dopo, quando ha avuto i soldi, se li ha avuti, fa il film, il libro o il disco, se non li ha avuti, cioè se non si è raggiunta la cifra che serve, i soldi tornano indietro a chi li ha offerti.
Ecco io, non che tutti debbano fare così, ma quando ho cominciato a scrivere io, il fatto che tutto il tempo che dedicavo alla scrittura sarebbe stato, forse, del tempo buttato via, che se non avessi trovato, alla fine, una casa editrice disposta a spendere dei soldi per pubblicare le cose che stavo provando a scrivere, che quelle ore che passavo, tutte i giorni e tutte le notti, a provare a mettere insieme qualcosa di sensato sarebbero state forse ore buttate via, ecco questo fatto per me era un fatto positivo, che dava, ai miei tentativi, un carattere disperato del quale io avevo bisogno, allora. Ma, a parte il mio caso, che mi rendo conto non è un caso molto interessante, mi vien da pensare che se ci fosse stato il crowdfunding, per esempio, ai tempi di Kazimir Malevič, e Malevič avesse mandato una mail alla sua mailing list dicendo che voleva fare un quadro dove c’era un quadrato nero su fondo bianco, e che aveva bisogno di duemila euro, ecco probabilmente non avrebbe convinto molta gente, a finanziarlo, e noi, forse, saremmo senza suprematismo e senza arte astratta. O se ci fosse stato il crowdfunding ai tempi di Honoré de Balzac, e Balzac avesse scritto alla sua mailing list che gli era venuto in mente di continuare, in prosa, La divina commedia di Dante Alighieri e di fare una serie di romanzi che si sarebbero chiamati La comédie humaine e dove i personaggi ritornavano di romanzo in romanzo, ecco non so quanti conoscenti di Balzac l’avrebbero finanziato, e La comédie humaine allora non esisterebbe e il mondo sarebbe diverso, credo.
Allora, non so gli altri, ma io, l’altro giorno, mi hanno suonato alla porta due ragazzi per convincermi ad andare a votare per il candidato del Partito Democratico alle elezioni di Casalecchio di Reno e io gli ho detto che c’è un requisito minimo, per ottenere il mio voto: non avere la faccia tosta di candidarsi. Uno che non si candida, potrei anche votarlo, gli ho detto, uno che si candida proprio no. Allo stesso modo, mi vien da pensare, c’è un requisito minimo, per far sì che io sia disposto a finanziare un’opera d’arte, cioè che l’artista (regista, scrittore o musicista che sia) non abbia la faccia tosta di chiedermi di finanziarlo. Se non me lo chiedono, potrei anche finanziarli, se me lo chiedono proprio no.

[uscito ieri su Libero]