Com’era fatto

mercoledì 13 Marzo 2013

Ero lì, in prima classe, eravam tutti lì, dentro il nostro spazio, come se ciascuno avesse comprato uno spazio che era suo, e solo suo, con un’aria che era sua, e solo sua, e un odore che era suo, e solo suo, succede così, in prima classe, su quei treni veloci, non so come mai, in seconda non succede, ma quella volta lì, non c’erano posti di seconda classe ce n’erano solo di prima, avevo deciso all’ultimo momento, dovevo dare una cosa alla figlia di Paride, avrei potuto dargliela il giorno prima, il giorno del funerale, a Bologna, non avevo avuto il coraggio, e allora il giorno dopo, al mattino, avevo telefonato, era a casa, avevo guardato i treni, avevo fatto il biglietto, uno di quei treni lì che ci metti un attimo, un attimo a andare e un attimo a tornare, era stato quasi più il tempo che avevo aspettato in stazione l’arrivo del treno che il tempo che ero stato sul treno, che io arrivo sempre un po’ in anticipo, ma abbastanza, tipo mezz’ora, che per un imprenditore, mi rendo conto, è una cosa strana, e infatti non sono un imprenditore, e quando devo prendere i treni, o gli aerei, faccio così, e quando arrivo in una stazione, o in un aeroporto, arrivo sempre mezz’ora prima, delle volte anche un’ora, e non mi pesa, per via che mi piacciono, le stazioni, e gli aeroporti, a parte la gente, c’è un sacco di gente, in atteggiamenti strani, se volete vedere qualcuno che corre andate in una stazione, o in un aeroporto, c’è pieno di facce, ci son delle facce, tra quelli che scendon dai treni, che solo quelle valgono il prezzo del biglietto, che tra l’altro son gratis, e sono dei posti, son sempre pieni di angoli, o di interi edifici, persino, che vanno in sfacelo, e io, non so come mai, mi piace, lo sfacelo, mi piaccion le cose che finiscono, alla stazione di Parma, per dire, il marciapiede del binario quattro, se uno lo fa tutto, verso Bologna, quando finisce, che davanti a te hai solo dei binari, come essere sulla proda di una nave, in un mare di binari, un mare di metallo e di elettricità, tutta roba del secolo scorso, sarà per quello, sarà che io, a me, mi hanno fatto nel secolo scorso, io sono fatto di cose concrete, metallo, acqua, carne, e elettricità, ecco io sono quello, non sono un imprenditore, quando mi presentano come imprenditore “Ma cosa dicono?”, penso, quando dicono intraprendere, quello lì è un verbo, intraprendere, diomemama;
intrapresa è una parola, proprio. 
«Ho messo su un’intrapresa».
 «Cos’hai messo su?».
 «Un’intrapresa».
 «Ah. Bravo».
 No no, a me, di intraprendere, non mi ha mai interessato, a me mi ha interessato di far l’editore, a me mi piaceva di fare dei libri, finché mi è piaciuto, e adesso un po’ son degli anni, che i libri, non sono più libri, son libri, come il mitra del nonno di Paride, che prima era un mitra e poi non era più un mitra, era un mitra, o come mia moglie, la Marta, che prima era la Marta e poi dopo un po’ non era più la Marta, era la Marta, e forse non si capisce, si capirà dopo, forse, comunque io quello che volevo dire, che sono andato a Milano, senza parlar con nessuno, in prima classe, e quando poi ero a Milano, in stazione centrale, non ci sono poi andato, dalla figlia di Paride, non ce l’ho fatta, ho cambiato il biglietto, sono tornato, sempre con quei treni veloci ma in seconda classe, e quando son stato a Bologna in stazione, avevo sete, ho messo i soldi per prendere un succo di frutta dentro al distributore automatico e c’era un ragazzo, lì, con un berretto verde da pescatore, di quelli con la visiera, che come mi ha visto che mettevo dentro i soldi, «Bravo», mi ha detto.
«Bravo?» gli ho detto io, «Bravo cosa?».
«Eh, bravo che così forse vien giù il mio panino».
Ho guardato, c’era un panino in bilico sullo strapiombo del distributore, che era stato spinto dalla molla ma era rimasto lì, impigliato.
«Ho chiamato l’assistenza, – mi ha detto il ragazzo, – mi han detto che stava arrivando ma non arrivano. È un’ora, – mi ha detto, – che aspetto».
E io ho pensato “Ma puttana vacca, ma hai vent’anni, ma stai qua un’ora a aspettar l’assistenza per un panino che costerà un euro e cinquanta centesimi? Ma come ragioni, puttana vacca, ma non hai vergogna?” ho pensato. Ma non gli ho detto niente. Avevo dentro tutta una cosa per Paride, non volevo mica mangiar del nervoso. Ho tirato giù l’aranciata. Il panino è rimasto lì. Allora l’ho guardato gli ho detto «Ma te, ci vai a pescare?».
«No», mi ha detto lui.
«Bravo», gli ho detto io, e sono andato.

[Dalla Banda del formaggio, in preparazione]