Chissà perché succedono certe cose

martedì 10 Maggio 2011

[Questa cosa sarebbe dovuta uscire venerdì prossimo su Gli altri e invece non ci esce (non scrivo più su Gli altri, trallallà, trallallà)]

L’altro giorno, stavo facendo un seminario, in una libreria di Bologna, eravamo in venti, venti persone tra i venti e i quarant’anni, e a un certo punto qualcuno ha parlato dei quotidiani, e ci siamo chiesti se qualcuno di noi leggesse i quotidiani, e è saltato fuori che nessuno di noi li leggeva.

Allora qualcuno ha detto che se vent’anni prima venti persone interessate alla letteratura si fossero trovate una sera in una libreria di Bologna e si fossero chieste se leggevano i quotidiani, quasi sicuramente la risposta sarebbe stata diversa da quella che avevamo dato noi: io, per esempio, vent’anni prima, ne leggevo tre, di quotidiani, tutti i giorni, dopo poi ho smesso, e perché ho smesso?, mi son domandato, e mi sono risposto con un ragionamento non brevissimo ma neanche lunghissimo (che forse qualcuno l’ha già letto perché è finito in un libro) che è questo qua.

Io per un certo periodo ho vissuto in Iraq, a Baghdad, nell’ottantasette, e c’era al potere uno che adesso è finito male, Saddam Hussein, ma allora stava bene, tutto il paese coperto di sue gigantografie che son cose che restano impresse e poi dopo, quando tipo quindici anni dopo l’occidente stava per scatenare la seconda tempesta nel deserto, come han chiamato la seconda missione di pace da cui poi è saltata fuori la guerra in Iraq, quando in Italia è uscito un libro su Saddam Hussein io, forse per quello, che in Iraq ci avevo vissuto, l’ho comperato e ho cominciato anche a leggerlo.

Questo libro era stato scritto da un giornalista arabo che viveva in Italia era praticamente una biografia molto dettagliata che cominciava fin dall’infanzia e diceva che la mamma di Saddam Hussein come mestiere faceva la puttana, e che lei suo figlio non l’avrebbe neanche voluto per quello l’aveva chiamato Saddam che significa Maledetto e effettivamente, diceva questo giornalista che poi ha fatto carriera è diventato vicedirettore ad personam di un importante quotidiano milanese e poi adesso ultimamente si è anche convertito in mondovisione, effettivamente, scriveva quel giornalista, era venuto fuori un bambino così cattivo che fin da piccolo quando andava alle elementari lui rubava le merendine ai suoi compagni di classe, e se i suoi compagni di classe se ne accorgevano e le rivolevano indietro lui le buttava per terra e poi le pestava coi piedi così non le poteva mangiare nessuno, diceva questo futuro vicedirettore ad personam conventendo in mondovisione.

Ecco io, quando ho letto così, m’è venuta in mente una mia amica che quando facevo l’università aveva un fratello molto devoto a Sai Baba e questo fratello, di quella mia amica, una volta aveva molto insistito perché io vedessi un film sulla vita di Sai Baba.

In questo film si diceva che Sai Baba, che per chi non lo sa era un santone indiano che aveva una pettinatura che sembra uno dei Nuovi Angeli, cioè ha una pettinatura da cantante pop–rock degli anni settanta, in questo film si diceva che Sai Baba, che la sua specialità era materializzare le cose, che i devoti di Sai Baba andavano là in India dove lui lavorava e si facevano vedere da lui e lui si faceva girar tra le mani un po’ di polvere e trac, ti materializzava quello di cui tu avevi bisogno, ti serviva una pietra della fortuna?, lui ti materializzava una pietra della fortuna, ti serviva la calma?, lui ti materializzava un amuleto che trasmette la calma, ti servivano dei soldi?, lui ti materializzava dei soldi, credo, non sono sicuro, insomma, quella lì di materializzare le cose era la sua specialità che lui, Sai Baba, fin da quando era piccolo, si diceva nel documentario, ne era dotato, tant’è vero che quando andava alle elementari materializzava le merendine per i suoi compagni di classe, si diceva nel documentario, mi son ricordato quando ho letto l’inizio del libro su Saddam Hussein del futuro vicedirettore ad personam.

Ecco a me sembra che i quotidiani, oggi, in Italia, quelli nazionali, non è che uno li compra per sapere cosa è successo, o cosa succederà, che tra l’altro, adesso è un discorso un po’ superficiale perché non li leggo, ma quando li leggevo, quando è caduto il muro di Berlino, per esempio, che tutti dicevano che era l’inizio della pace, «Finalmente si apre un lungo periodo di pace e di prosperità», dicevano, dopo abbiam visto, com’è andata a finire (la Romania, l’Ucraina, l’ex Jugoslavia, la Cecenia, l’Armenia), se uno li legge per sapere come andranno le cose può anche fare a meno, non ci prendono mai, no, secondo me ormai i quotidiani si comprano perché, in un certo senso, ognuno di noi vuole alimentare la propria fede in Sai Baba (un certo Sai Baba, dipende dal quotidiano) e il proprio odio per Saddam Hussein (un certo Saddam Hussein, dipende dal quotidiano): leggere un quotidiano, banalizzo, ma più o meno, oggi, è come iscriversi, non so, ai dianetics, è scegliere un idolo, banalizzo, e adorarlo, non costa neanche tanto, un euro o un euro e venti al giorno, più o meno, credo, non sono sicuro.