Castel Maggiore

domenica 20 Maggio 2012

Dopo andavo in una sala, teatrale, a Castel Maggiore, non c’ero mai stato, e era un posto, le case tutte nuove, i balconi rotondi, gli autobloccanti, i dipinti sui muri, non graffiti, fatti bene, con una geometria ortodossa, una ballerina, rossa, una chiave di violino, verde, e una colonna blu con la sagoma di una mascherina, da teatro, quella che ride, bianca, e lì di fianco, in bianco, la scritta Sala teatrale Biagi D’Antona, e era anche domenica, domenica le cose, delle volte, è come se non avessero lo scheletro, e dopo dentro, dovevo parlar dei film che mi piacevano, e veder dei pezzi, Oblomov, Vogliamo vivere, Di madre in figlia, Total Balalajka show e Stalker, e il giornalista mi chiedeva Cosa le piace in Stalker? e io dicevo Non lo so, però l’ultima volta che l’ho visto, quando son lì, nella zona, quell’area proibita, contaminata, forse, forse radioattiva, che c’è la stanza dove dicono che si realizzino i tuoi desideri, ecco io questa cosa, che nella vita me l’han detta, delle volte, Se potessi realizzare un tuo desiderio, cosa desidereresti? ecco questa cosa qui, che nella vita se te lo chiede uno ti vien da pensare che è infantile, e che è rimasto indietro come la coda del maiale, io l’ultima volta che ho visto Stalker, quando sono arrivato lì io ci ho pensato per davvero, a qual era il mio più grande desiderio: Tarkovskij col suo film è riuscito a far di questa cosa puerile e infantile e indietro come la coda del maiale una cosa vera, e acuta, avrei voluto dire, che ti scavava dentro, che superava tutti gli schermi che avevi nella testa e ti toccava dentro, avrei voluto dire, e questa, forse, è l’arte, avrei voluto dire, e è più vera di quello che è vero, la realtà, ma non l’avevo detto, perché quel giornalista mi aveva chiesto E cosa aveva desiderato?, e io avevo detto Non ve lo dico, e avevam parlato d’altro, e poi alla fine, quando ero andato a fare la pipì, mi era venuto in mente un libro che ha scritto un mio amico, libro che si intitola Sulla felicità a oltranza, e il mio amico Ugo Cornia, e il libro parla, in sostanza, anche se non è bene riassumere i libri, ma, per capirci, Ugo in quel libro lì parla di quando nel giro di pochi mesi gli sono morti il babbo e la mamma, e quel che racconta il libro, in sostanza, è il bene che Ugo voleva a suo babbo e a sua mamma, e quella cosa lì, nella vita, se un tuo amico ti venisse vicino e ti dicesse “Io voglio tanto bene a mio babbo e a mia mamma”, tu lo guarderesti e gli diresti “Eh”, invece, a legger questa cosa dentro il libro, che non c’è scritta, ma c’è, a te, intanto che lo leggi, ti viene in mente il bene che tu vuoi o hai voluto a tuo babbo e a tua mamma, quel libro lì ti scava dentro, e ti tocca, e questa cosa, in sostanza, è l’arte, avevo pensato, e poi avevo pensato che l’avrei potevo anche dire, quel che avevo desiderato, e quel che avevo desiderato era di esser buono, di esser buono, come quand’ero piccolo, e indietro anch’io come la coda del maiale e poi, in macchina, quando la Gea mi diceva Era molto bravo, quel giornalista, io dicevo Eh, è vero, e intanto pensavo E io, non ero bravo?

[Presente, Marzo]