BO. BO. BE.
Nel marzo del 2002 mi licenziano al “Foglio”. Si tratta però di uno scherzo. Ferrara ha intrapreso sul giornale una campagna contro la presenza di Benigni come ospite a Sanremo. Io, al contrario, sono assolutamente con Benigni e faccio alcune vignette sul “Foglio” dove proclamo il mio BO. BO. BE., ovvero “Boicottate il Boicotta Benigni”.
Mi chiama Ferrara e mi fa: «Che ne dici se ti licenziamo per finta e, poi ti riassumiamo?». Io acconsento e chiamo Perini, che è d’accordo a sostituirmi per gioco. Il giornale annuncia il mio licenziamento con un comunicato e, immediatamente, il mio telefono comincia a squillare. Vengono a intervistarmi gli inviati di due canali tv. Ricevo anche la solidarietà dai conduttori di Radio2.
Anche il “Corriere della Sera” mi chiama, ma io non rispondo: posso dire balle a tutti sostenendo che sono stato licenziato, ma non alla testata con cui lavoro da molti anni. Alla terza chiamata del “Corriere” sono costretto a rispondere e gli spiego che è tutto per finta. Ma non mi credono! Berlusconi è appena arrivato al governo ed è assolutamente plausibile che io possa essere stato vittima di un editto.
Il giorno dopo esce il “Corriere”, dove scrivono che mi lamento per il licenziamento e al “Foglio” arrivano, immediatamente, i lavori di decine di autori. La solidarietà tra autori non esiste: sono tutti pronti e felici di sostituirmi da quel mostro di Ferrara!
[Vincino, Mi chiamavano Togliatti, Milano, UTET 2018, pp. 152-153]