A proposito

venerdì 1 Maggio 2020

E, a proposito di Arbeit macht frei, un po’ di tempo fa, qualche anno fa, a Chieti, il presidente della Provincia ha promosso una campagna per l’impiego che aveva questo slogan: «Il lavoro rende liberi».
Il depliant che pubblicizzava questa campagna aveva una nota del presidente che diceva «Non è una frase mia, non mi ricordo dove l’ho sentita, l’ho sentita da qualche parte e mi è piaciuta moltissimo e credo che sia proprio d’attualità».
Dopo quando gli han fatto notare che era la frase che era scritta sui cancelli di Auschwitz, lui ha detto «Ah, ecco, dove l’avevo sentita». E comunque si è rifiutato di chiedere scusa perché secondo lui, quella frase lì, al di là del fatto di Auschwitz, secondo lui era proprio una bella frase.

[Si sente?, Milano, Marcos y Marcos 2014]

Uno, ufologo

giovedì 10 Ottobre 2019

Uno, ufologo, aveva iniziato la sua conferenza dicendo: “In genere, in Ticino, nessun uomo sano di mente è mai stato rapito dagli alieni”.

[Mi è arrivato il Repertorio dei matti del Canton Ticino, Marcos y Marcos 2019, 158 pagine, 10 euro, un libro bellissimo, secondo me]

Ad Amburgo

venerdì 1 Febbraio 2019

Ho scoperto che la Cina e la Spagna sono la stessa identica terra, e solo per ignoranza vengono considerate due stati differenti. Consiglio a tutti di scrivere, apposta, su un foglio: “Spagna”, e verrà fuori: “Cina”. Ma io, però, sono straordinariamente amareggiato da un evento che deve succedere domani. Domani alle sette si compirà uno strano fenomeno: la terra si poserà sulla luna. Ne scrive il celebre chimico inglese Wellington. Confesso di aver provato un’agitazione di cuore, quando mi sono immaginato la straordinaria fragilità e la scarsa resistenza della luna. La luna, di solito, la fanno ad Amburgo, infatti; e la fanno malissimo. Mi meraviglio che l’Inghilterra non faccia caso a questa cosa. La fa un bottaio zoppo, e si vede che è un asino, e non ha nessuna idea di cosa sia la luna. Ci ha messo una fune incatramata e una parte di olio vegetale. E così per tutta la terra c’è una puzza orribile, tanto orribile che bisogna tapparsi il naso. E è per quello che la luna è un globo così molle che la gente non ci può abitare, per niente, e lì adesso ci abitano solo i nasi. E è proprio per quello che non riusciamo a vederci i nostri nasi, perché i nasi son sulla luna. E quando mi sono figurato la terra come sostanza pesante che perciò, posandosi, avrebbe potuto ridurre in polvere i nostri nasi, mi ha preso un’inquietudine tale che, messe le calze e le scarpe, mi sono affrettato nella sala del consiglio di stato per ordinare alla polizia di non permettere alla terra di posarsi sulla luna.

[Memorie di un pazzo, di Nikolaj Gogol’, lo leggo domani, ai Frigoriferi milanesi, nel festival Writers]

Come scrivono i proprietari terrieri di Kursk

martedì 4 Dicembre 2018

I proprietari terrieri di Kursk scrivon proprio bene.

[Nikolaj Gogol’, Racconti di Pietroburgo, Milano, Marcos y Marcos 2018, pp. 256-257]

Escono il 29 novembre

martedì 20 Novembre 2018


E quando si incontra il Personaggio importante, nel Cappotto, Gogol’ lo introduce così:
«Quale fosse e in cosa consistesse la carica del personaggio importante, ancora oggi non si sa. Bisogna sapere che quel personaggio importante era diventato da poco un personaggio importante e, fino a poco prima, era stato un personaggio che non era importante».
E quando, poco prima, Akàkij Akàkevič entra nella cucina del sarto, leggiamo questo:
«La porta era aperta perché la padrona di casa, preparando non so bene che pesce, aveva fatto così tanto fumo, in cucina, che non si vedevan neanche più gli scarafaggi».
E per la moglie del barbiere del Naso, Gogol’ trova tre parole, «una signora abbastanza rispettabile», che ce la squadernano sotto gli occhi in un modo che prefigura il dialogo straordinario delle Anime morte tra la «Signora piacevole sotto tutti i punti di vista» e la signora «Semplicemente piacevole».
Nelle storie della letteratura russa, a un certo punto si arriva al realismo, e il primo autore realista in cui ci si imbatte, di solito, è Nikolaj Gogol’.
Che è una cosa abbastanza stupefacente, se si considera che, in questo libretto, a un certo punto, alla polizia viene impartita «la disposizione di catturare il morto a tutti i costi, vivo o morto, e di punirlo, che servisse d’esempio, nel modo più crudele possibile».
O che, qualche pagina prima: «Il naso aveva guardato il maggiore, e le sue sopracciglia si erano un po’ aggrottate». Le sopracciglia del naso, come tratto realistico, sono molto realistiche, effettivamente. Per non parlare di quel «colore del viso che si chiama emorroidale», la cui colpa è «del clima pietroburghese». O della luna che «la fanno ad Amburgo, e la fanno malissimo». O del fatto che «tutto questo succede, credo, perché la gente si immagina che il cervello si trovi nella testa; no ve’: lo porta il vento dalle parti del mar Caspio».

[Nikolaj Gogol’, Racconti di Pietroburgo, Marcos y Marcos, esce il 29 novembre, se non mi sbaglio]

Un evento che deve succedere domani

domenica 21 Ottobre 2018

Io, però, sono straordinariamente amareggiato da un evento che deve succedere domani. Domani alle sette si compirà uno strano fenomeno: la terra si poserà sulla luna. Ne scrive il celebre chimico inglese Wellington. Confesso di aver provato un’agitazione di cuore, quando mi sono immaginato la straordinaria fragilità e la scarsa resistenza della luna. La luna, di solito, la fanno ad Amburgo, infatti; e la fanno malissimo. Mi meraviglio che l’Inghilterra non faccia caso a questa cosa. La fa un bottaio zoppo, e si vede che è un asino, e non ha nessuna idea di cosa sia la luna. Ci ha messo una fune incatramata e una parte di olio vegetale. E così per tutta la terra c’è una puzza orribile, tanto orribile che bisogna tapparsi il naso. E è per quello che la luna è un globo così molle che la gente non ci può abitare, per niente, e lì adesso ci abitano solo i nasi. E è proprio per quello che non riusciamo a vederci i nostri nasi, perché i nasi son sulla luna. E quando mi sono figurato la terra come sostanza pesante che perciò, posandosi, avrebbe potuto ridurre in polvere i nostri nasi, mi ha preso un’inquietudine tale che, messe le calze e le scarpe, mi sono affrettato nella sala del consiglio di stato per ordinare alla polizia di non permettere alla terra di posarsi sulla luna. I cappuccini rasati che ho trovato in gran quantità nella sala del consiglio di stato, erano della gente molto intelligente, e quando ho detto: “Signori, salviamo la luna, perché la terra ci si vuol posare sopra” si sono precipitati tutti a esaudire il mio desiderio di monarca, e molti si sono arrampicati su per il muro per afferrare la luna; ma in quel momento è sbucato fuori il gran cancelliere. Vedendolo, si son tutti dispersi. Io, come re, son rimasto solo. Ma il cancelliere, con mio grande stupore, mi ha picchiato col bastone e mi ha cacciato nella mia stanza.

[Nikolaj Gogol’, dai Racconti di Pietroburgo, esce a fine novembre per Marcos y Marcos]

C’è un commissario

lunedì 24 Settembre 2018

C’è un commissario, nel Naso, uno dei racconti che compongono questo libretto, che, per descrivere una banconota, dice così:
«È una cosa che non c’è niente di meglio, di questa cosa: non chiede da mangiare, non occupa spazio, in tasca ci sta sempre, la fai cadere non si rompe».
E quando si incontra il Personaggio importante, nel Cappotto, Gogol’ lo introduce così:
«Quale fosse e in cosa consistesse la carica del personaggio importante, ancora oggi non si sa. Bisogna sapere che quel personaggio importante era diventato da poco un personaggio importante e, fino a poco prima, era stato un personaggio che non era importante».
E quando, poco prima, Akàkij Akàkevič entra nella cucina del sarto, leggiamo questo:
«La porta era aperta perché la padrona di casa, preparando non so bene che pesce, aveva fatto così tanto fumo, in cucina, che non si vedevan neanche più gli scarafaggi».
E per la moglie del barbiere del Naso, Gogol’ trova tre parole, «una signora abbastanza rispettabile», che ce la squadernano sotto gli occhi in un modo che prefigura il dialogo straordinario delle Anime morte tra la «Signora piacevole sotto tutti i punti di vista» e la signora «Semplicemente piacevole».
Nelle storie della letteratura russa, a un certo punto si arriva al realismo, e il primo autore realista in cui ci si imbatte, di solito, è Nikolaj Gogol’.
Che è una cosa abbastanza stupefacente, se si considera che, in questo libretto, a un certo punto, alla polizia viene impartita «la disposizione di catturare il morto a tutti i costi, vivo o morto, e di punirlo, che servisse d’esempio, nel modo più crudele possibile».
O che, qualche pagina prima: «Il naso aveva guardato il maggiore, e le sue sopracciglia si erano un po’ aggrottate». Le sopracciglia del naso, come tratto realistico, sono molto realistiche, effettivamente. Per non parlare di quel «colore del viso che si chiama emorroidale», la cui colpa è «del clima pietroburghese». O della luna che «la fanno ad Amburgo, e la fanno malissimo». O del fatto che «tutto questo succede, credo, perché la gente si immagina che il cervello si trovi nella testa; no ve’: lo porta il vento dalle parti del mar Caspio».

[Da Il futuro della letteratura russa, introduzione alla nuova edizione dei Racconti di Pietroburgo di Gogol’ che uscirà, tra qualche settimana, per Marcos y Marcos]

Una cucina descritta da Gogol’

venerdì 21 Settembre 2018

La porta era aperta perché la padrona di casa, preparando non so bene che pesce, aveva fatto così tanto fumo, in cucina, che non si vedevan neanche più gli scarafaggi.

[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, esce, nei Racconti di Pietroburgo, in novembre, forse, per Marcos y Marcos]

Mia moglie?

mercoledì 16 Maggio 2018

Come tutte le mie vittime, George Franklin era notevolmente sorpreso e sconvolto di vedermi seduto lì in una delle sue poltrone con una 45 automatica in pugno. Ha guardato l’interruttore sulla parete e la punta delle sua dita, forse chiedendosi se non bastasse spegnere la luce per farmi sparire.
Io ho indicato un’altra poltrona. “Prego, entri e chiuda la porta. Si sieda”.
Ha fatto come gli ho detto e poi ha posto la prima domanda pertinente. “Cos’è questa, una rapina?”
Ho sorriso. “No, non è una rapina”.
Esitava a formulare un’altra ipotesi, così gli ho dato una mano io. “Sono qui per ucciderla” ho detto.
Ha esibito un prevedibile shock. “Uccidermi? Ma perché? Io non l’ho mai vista in vita mia”.
Ho accennato un altro sorriso. “‘Per la verità, non è che io voglia propriamente ucciderla. Personalmente, non ho nulla contro di lei. Si tratta solo di lavoro, per me. Sto solo portando a termine l’incarico per cui sono stato assoldato”.
I suoi occhi erano spalancati. “Lei è un killer professionista?”
Ho annuito.
Franklin si è leccato le labbra. “Chi l’ha assoldata? Mia moglie?”
Ho alzato un sopracciglio. “La vuole morto?”
Ci ha riflettuto un attimo. “Ecco, non andiamo molto d’accordo, ma questo mi pare vada un po’ oltre…”
“Non è stata sua moglie”.

[Jack Ritchie, Il grande giorno, traduzioni di Sandro Ossola e Claudia Tarolo, Milano, Marcos y Marcos 2018, pp, 9-10]

Goccia a goccia

domenica 25 Marzo 2018

[Sono stato a vedere una cosa, a teatro, che si intitolava Il giardino dei ciliegi, ma un po’ così, per finta, e mi è venuto in mente questo pezzetto che ha scritto Čechov, che è quello che ha scritto Il giardino dei ciliegi vecchio, non questo nuovo che ho visto io oggi, il vecchio]

Quello che gli scrittori aristocratici ottengono gratis, gli intellettuali borghesi lo acquistano a prezzo della loro giovinezza. Provate un po’ a scrivere la storia di un giovane, figlio di un servo della gleba, che è stato garzone di bottega, cantore in chiesa, allievo di ginnasio, studente universitario, spesse volte frustato, educato a venerare le gerarchie, a baciar la mano ai popi, a inchinarsi alle idee altrui, a profondersi in ringraziamenti per ogni boccone di pane; di un giovane che andava a dar ripetizioni senza galosce, s’azzuffava con i compagni, pranzava con piacere dai parenti ricchi, era ipocrita con Dio e con gli uomini senza nessun bisogno, solo perché consapevole della propria nullità. Provate a raccontare come quel giovane sia riuscito a strizzare fuori, goccia a goccia, il servo che ha in sé, e come destandosi un bel mattino, sente che nelle sue vene non scorre più sangue di servo ma vero sangue di uomo libero.
(Lettera a Suvorin, 7.I.1889)

[Fausto Malcovati, Il medico la moglie l’amante (come Čechov cornificava la moglie-medicina con l’amante-letteratura), Milano, Marcos y Marcos 2015, p. 35 ]