25 anni fa

lunedì 21 Gennaio 2019

ho vissuto a Mosca quando non si trovava la carta igienica, ho visto lo studio del più grande pittore russo contemporaneo, ho fatto una fotografia nella giacca di Sergej Dovlatov, ho partecipato al primo festival d’arte d’avanguardia e delle performance di San Pietroburgo, ho fatto tutta, senza mai scendere, la transiberiana, da Mosca a Vladivostok, ho visto i soldi che distruggevano la rovina incantevole della piazza del Fieno di Dostoevskij, ho dormito su un banco del settore libri rari della biblioteca Pubblica di Pietroburgo, ho pianto nella sala di lettura numero 3 della biblioteca Lenin di Mosca, ho trovato per la prima volta il coraggio di regalare dei fiori a una donna e ho scoperto, in Russia, come mi piace l’Italia, il suo odore, e mi sono accorto, studiando russo, di che lingua meravigliosa è l’italiano: in questo libro ci sono un po’ di queste cose, e qualche altra ancora, ci sono trent’anni che hanno ribaltato il più grande paese del mondo che, miracolosamente, è rimasto il posto stupefacente che era la prima volta che ci sono andato, nel 1991.

[La grande Russia portatile, domani sera a Torino, al circolo dei Lettori]

12 gennaio – Bergamo

sabato 12 Gennaio 2019

Sabato 12 gennaio,
alle 17,
alla libreria Incrocio Quarenghi,
a Bergamo,
in via Quarenghi 32,
La grande Russia portatile

I piedi

mercoledì 9 Gennaio 2019

In un’intervista che è uscita oggi, su Repubblica Napoli, il giornalista, che si chiama Paolo De Luca, mi fa dire delle cose che non ho mai detto. Questa cosa qua, per esempio: «quel pianerottolo nella periferia di Mosca in cui vissi nel 1991. Fu lì che per la prima volta, vedendo un bimbo che abbracciava il padre, pensai a quanto potesse esser bello avere un figlio»: a parte il fatto che io non uso mai il passato remoto, quindi non vissi da nessuna parte e non pensai niente, a parte quello, che già è insensato, secondo me, mettere tra virgolette delle cose che non ho mai scritto (gliel’ho mandata per iscritto, l’intervista, per evitare che scrivesse quello che voleva lui), a parte quello, questa cosa qua non è proprio mai successa: non ho mai visto un bimbo abbracciare il padre, non so il giornalista da dove ha preso queste informazioni, non da me e non dal libro. E questo è solo un esempio, che non l’ho letta tutta, l’intervista, che mi venivano gli sgrisori. Dovlatov dice che in Unione Sovietica, l’espressione «È una cosa fatta con i piedi» è una delle più usate, anche in Italia, mi viene da dire.
L’intervista vera (quella che gli ho mandato io) è qua: Intervista repubblica Napoli 2

9 gennaio – Napoli

mercoledì 9 Gennaio 2019

Mercoledì 9 gennaio,
a Napoli,
nello spazio libreria Laterzgorà
nel teatro Bellini
in via Conte di Ruvo, 4
alle 18,
La grande Russia portatile

Caravelle

sabato 1 Dicembre 2018

Lì in ospedale, tra gli altri che mi eran venuti a trovare, nel ’99, c’era anche un mio amico che si chiama Marco, e io, mi ricordo, gli avevo detto che, in ospedale, la gente mi sembrava stranissima e che succedessero delle cose stranissime, in ospedale, e lui mi aveva detto «Sì, però anche fuori».
«Fuori?», gli avevo chiesto io.
«Eh, – mi aveva detto lui, – a Mosca».
«A Mosca?», gli avevo chiesto io.
«Eh, – mi aveva detto lui, – io adesso son stato a Mosca, e a Mosca, – aveva detto, – c’è un architetto che ha fatto una statua per i 500 anni della scoperta dell’America, una statua di Cristoforo Colombo, sai come l’ha fatta? Alta, voglio dire. Cento metri. Forse anche centodieci non esagero mica. Quella statua lì l’ha presentata agli Stati Uniti, gli Stati Uniti gliel’han rifiutata. Eh, ha detto Cereteli, si chiama Cereteli, questo architetto, e adesso cosa faccio? si è chiesto. Aspetta che la presento alla Repubblica Dominicana. L’ha presentata alla Repubblica Dominicana, la Repubblica Dominicana l’han rifiutata. Eh, ha detto Cereteli, e adesso? Presentiamola a Cuba. L’ha presentata a Cuba, Cuba gliel’han rifiutata. Eh, ha detto Cereteli, e adesso? Io quasi quasi la presento alla Guinea Bissau. L’ha presentata in Guinea Bissau, Cosa c’entriamo noi con la scoperta dell’America? gli han detto la Guinea Bissau. Ah, gli ha detto Cereteli, pensavo. Ha fatto il giro di altri tre o quattro paesi sudamericani, – mi ha detto Marco, – Argentina Brasile Cile Costa d’Avorio, Cosa c’entriamo noi della Costa d’Avorio? gli han detto a Cereteli in Costa d’Avorio. E, va be’, gli ha detto Cereteli, quante storie. Anche in Guinea Bissau, le stesse difficoltà. È sempre cultura, gli ha detto. Rifiutata anche in Costa d’Avorio. È andato dal sindaco di Mosca, Cereteli, Lužkov, si chiama, – mi ha detto Marco, – Compagno Lužkov, gli ha detto Cereteli, in memoria dei vecchi tempi aiutami a risolvere questo grave problema che solo di materiale ciò settanta tonnellate di roba che non le vuole nessuno. Compagno Cereteli, dov’è il problema? gli ha detto Lužkov a Cereteli, fammi vedere un po’ questa statua, gli ha detto. Sono andati, hanno visto. Sì sì sì sì, bene bene bene, ha detto Lužkov, te la prendiamo noi. Solo, devi fare una piccola modifica. Che modifica? dice Cereteli. Tagli la testa, ci metti la testa di Pietro il grande. Così adesso a Mosca, in centro, su un isolotto artificiale della Moscova c’è un Pietro il grande al timone di una caravella che domina tutta la città tutto illuminato di notte, – mi aveva detto Marco – . Non c’è mica tanto da stare allegri, – mi aveva detto, – anche fuori».
Ecco, io, poi nel 2017, ho visto dal vivo i 98 metri di Cristoforo Colombo con la testa di Pietro il grande su un isolotto artificiale della Moscova e ho saputo che però ai moscoviti questa statua non piace molto, l’hanno offerta a San Pietroburgo, che l’ha rifiutata, e l’han poi offerta ad Archangel’sk che hanno detto che adesso ci pensano gli fanno sapere.

Ieri, a Parma

sabato 10 Novembre 2018

Ieri, a Parma, alla libreria Mondadori, in piazza Ghiaia, ho letto, tra le altre cose, questa parte della Grande Russia portatile:

In un libro di Sergej Dovlatov a un certo momento si legge:

Questa cosa è successa all’accademia d’arte drammatica di Leningrado. Si era esibito davanti agli studenti il noto chansonnier francese Gilbert Becaud. Alla fine l’esibizione era finita. Il presentatore si era rivolto agli studenti.
– Fate delle domande.
Tutti avevan taciuto.
– Fate delle domande all’artista.
Silenzio.
E allora il poeta Eremin, che si trovava in sala, aveva detto, ad alta voce:
– Chèl òr ètìl? (Che ore sono?)
Gilbert Becaud aveva guardato l’orologio e aveva risposto, gentilmente:
– Le cinque e mezza.
E non si era offeso.

Ecco. La Russia di Dolvatov non era la Russia triste, seria e noiosa che in Italia si immaginava che fosse, la Russia di Dovlatov era un posto che mi sembrava di essere in un bar della periferia di Parma, con degli asini che erano simili, secondo me, agli asini parmigiani che conoscevo io.

Dopo, alla fine della presentazione, ho chiesto Avete delle domande? E una signora mi ha chiesto Quelle heure est-il? E io ho risposto Dix-neuf heures vingt cinq.
Buongiorno.

9 novembre – Parma

venerdì 9 Novembre 2018

Venerdì 9 novembre,
alle 18 e 30,
a Parma,
in Piazza Ghiaia 41/A,
alla libreria Mondadori,
La grande Russia portatile.

8 novembre – Pescara

giovedì 8 Novembre 2018

Giovedì 8 novembre
a Pescara,
all’Auditorium Petruzzi,
in Via delle Caserme, 24,
alle 21 e 30,
parliamo,
con Luca Sofri,
della Grande Russia portatile

Domani e dopodomani

mercoledì 7 Novembre 2018

Una cosa singolare, andare in Russia, che scopri che le montagne russe, in Russia, le chiamano montagne americane, e che l’insalata russa, in Russia, la chiamano insalata Olivier, dal nome del cuoco, belga, che l’aveva inventata; invece in Italia, un appassionato di cinema muto mi ha raccontato che il contrario del lieto fine, il finale dove le cose van male, gli appassionati del cinema muto lo chiamano finale alla russa, allora probabilmente questo libro, ho paura, anche lui, avrà un finale alla russa. Ma è ancora presto, siamo a metà.

[La grande Russia portatile, domani a Pescara, dopodomani a Parma]

Terza edizione

venerdì 26 Ottobre 2018

«Molto spesso chi critica una malattia o un male, – scrive Brodskij – per il solo fatto di farlo si sente buono, si sente nel giusto. È un errore di valutazione molto grave e piuttosto diffuso in questa professione, e non credo sia sano. E c’è anche un problema di vanità: quando un’intera nazione ti ammira, puoi dimenticare piuttosto in fretta qual è il tuo vero lavoro. Il tuo vero lavoro è scrivere bene».

[Parte oggi la seconda ristampa della Grande Russia portatile, nella quale abbiamo corretto due refusi, grazie a Gabriella e Erika che li hanno segnalati]