Il furto dell’Universo

mercoledì 22 Aprile 2020

Si era accorto che gli avevano rubato l’universo: clic

Quella parola breve e sonora

martedì 19 Novembre 2019

Naturalmente, doveva succedere; è secondo le sacre e misteriose leggi della natura, e sarebbe stato vano, forse empio, far contrasto. Un uomo pensoso di sé e della galassia, uno studioso delle comete dell’anima, lettore di classici, amante della sintassi, cultore di aggettivi; tradotto, anche, in lingue bizzarramente locali, sussurrate da pochi e nevrotici indigeni; un uomo così fatto sa che la sperduta umanità si rivolgerà a lui come a un saggio, diciamo una roba zen, un po’ sul guru.
Mi si consenta di uscire dal generico, e di inalberare i vessilli del narcisismo. Mi hanno chiesto, a bruciapelo, come usava nell’Iowa, cosa pensavo della morte, che idea avevo dell’aldilà, che cosa pensavo di una certa nave fenicia, e naturalmente della droga, del Foscolo, dell’amore, dell’eros, dell’erotismo, della pornografia, del sesso, dell’eterosessualità, della fotografia, del cinema muto, degli handicappati, degli omosessuali, dell’inferno, della scuola, dei flipper, di Dio, del romanzo, ma un oracolo non ha raggiunto il suo culmine, non è se stesso, se non gli fanno la domanda estrema: «Che cosa ne pensa lei del culo?».
Di questa domanda debbo osservare in primo luogo che è formulata con il “lei”, e dunque deferente, lievemente angosciata, e che include la parola “culo”. A domande così rispondeva in altri tempi il decaduto oracolo di Delfi, o la quercia di Dodona. E appunto così avrebbero parlato gli antichi: non avrebbero detto “parti deretane”, o “natiche”, o “sedere”, o “servizi”, o “didietro, tutte parole svergognatamente senza vergogna, oneste, semplici, leali. No: è quella parola breve e sonora, quel “culo”, che vuole una risposta. Mi dicono che il culo oggi sia in crescita, che la sua dignità venga riconosciuta, che sia di moda. Quando diventerà di moda l’orecchio sinistro? O il mastoide?

[Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Milano, Leonardo 1989, pp.63-64]

Chi va in vacanza

mercoledì 21 Agosto 2019

Chi va in vacanza è infelice.

Giorgio Manganelli

[Immagine di Simone Cireddu (cliccarci sopra per ingrandire]

Attenzione

domenica 6 Gennaio 2019

Una notizia minima – non trascuriamo le belle notizie minime, che tentano di fare di un giornale un romanzo, una favola di Esopo, un frammentato racconto di fantascienza. Dicevo, una notizia da poco; forse men che minima. Un deputato francese, mai sentito nominare, chiede all’assemblea dei Galli se non sia il caso di imporre alla televisione un giorno settimanale “senza politica”.
Una sciocchezza, no? Non sappiamo forse che la politica, la minuta, sussurrata, allusa, criptica, politica, quella che si fa incontrandosi in ascensori, in conventi, la politica insomma, è il sale della vita? Come potremmo vivere decenti, armoniose giornate senza notizie esatte, puntigliose, ora per ora, su quel che fa il tal sottogruppo, gli amici del tale, i dissenzienti del talaltro?
Qualcuno ha rinfacciato al deputato francese che, essendo costui stato gollista, seguace d’un capo intensamente televisivo, non era il più adatto a far codeste prediche. Può darsi che quel deputato fosse tormentato da sensi di colpa; che l’ossessivo ricordo di quello schermo trasformato in campo di battaglia del suo generale gli facesse desiderare una settimanale, non di più, verginità televisiva. Che sciocchezza, vero? Potremmo dire d’aver vissuto il giorno in cui non avessimo visto l’onorevole Bisaglia, almeno in bianco e nero, e ammirato il sorriso di Giulio Andreotti che stringe la mano – a chi? Fate voi, sarà certo importante e cordiale. Ma attenzione a queste sciocchezze. Rivoluzioni sono cominciate per una battuta detta fuori posto, battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie.

[Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Milano, Leonardo 1989, p. 30]

I russi

lunedì 10 Dicembre 2018

«Leggere i russi» è un’esperienza che molti fanno nell’adolescenza, più o meno al tempo delle sigarette e dei primi, sani desideri di scappare di casa e andare a fare il mozzo. Di questi desideri i «russi» sono i più tenaci, e se poche sono le possibilità che ci si dedichi a correre lungo i moli in cerca di un brigantino, assai minori sono quelle di liberarsi di un Dostoevskij una volta che vi è entrato nel sangue. Ma non è solo lui; non esistono disintossicanti per Gogol, ed è molto più facile dimenticare il numero del telefono del primo amore, che la prima lettura della Sonata a Kreutzer di Tolstoj, o della Steppa di Cechov. Così accade che, periodicamente, nella vita, veniamo accolti da un attacco di «leggere i russi».

[Giorgio Manganelli dentro La grande Russia portatile, domani a Milano nella sede nuova dell’Associazione Italia Russia]

Stare bene qui

lunedì 20 Agosto 2018

Quando devo tradurre, come in questi giorni, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a scrivere. E quando devo scrivere, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a tradurre. Come in quella frase di Manganelli: «Come staremmo bene qui, se fossimo altrove».

Le parole

martedì 30 Gennaio 2018

Le parole usate per servire a qualcosa si vendicano.

[Giorgio Manganelli, Il delitto rende ma è difficile, s.l., Comix 1997, p. 13]

Come staremmo bene

lunedì 29 Gennaio 2018

Come staremmo bene qui, se fossimo altrove.

[Giorgio Manganelli, Il delitto rende ma è difficile, s.l., Comix 1997, p. 14]

Una città

giovedì 12 Ottobre 2017

Una città è un luogo occulto, nella quale un muro logorato dalla muffa, un edificio decrepito, una sterminata piazza non pavimentata, trafitta da pozzanghere e ciuffi di dura erba, propongono una storia segreta, una favola in cui l’orrore e lo splendore ostinatamente coabitano.

[Giorgio Manganelli, La favola pitagorica, Milano, Adelphi 2005, p. 31]

Tutti gli anni le tasse

giovedì 15 Giugno 2017

Preparare i documenti per pagare le tasse, io tutti gli anni mi dico che non ci riuscirò, e tutti gli anni, non so come ci riesco (quest’anno ancora no, mi mancano un sacco di certificazioni, penso ancora che non ci riuscirò, e devo andare dalla commercialista domani, quest’anno non ce la posso fare, però gli anni scorsi, tutti gli anni, ci sono riuscito); e quando ci sono riuscito, gli anni scorsi, mi è venuto sempre in mente il pezzo di Giorgio Manganelli che copio qua sotto:

Stamane ho pagato le tasse. Come ogni volta, ho avvertito un oscuro, profondo, incomprensibile piacere. Non avete capito male: pagare le tasse mi dà una gradevole, indubitabile eccitazione. Non lo nego: è una faccenda strana. Anomala. Stravagante. Ne ho parlato ad un mio amico psichiatra – ho molti, affettuosi, cauti e solleciti amici psichiatri – che mi ha guardato con un sorriso non privo di tenerezza.
Mi sono chiesto spesso: perché, vecchio idiota, ti fa piacere pagare le tasse? È del tutto chiaro che in questo compiacimento non v’è traccia di esibizionismo civico; non mi offro come modello, come esempio del buon cittadino, virtuoso come un antico spartano. Come tutti gli italiani degni di questo nome, io sono un cittadino mediocre, diciamo pure scadente. So di esserlo, sebbene non sappia dire esattamente in che modo si esprima codesta mediocrità. Lo sono globalmente, come uno è avvocato o padre di famiglia. Segni particolari, nessuno. Continua a leggere »